Per stabilire l’importo dell’assegno divorzile, i dati messi in comparazione, al fine di valutare la situazione economico-patrimoniale dei coniugi e l’eventuale disparità economica tra i due, devono essere omogenei.
E’ quanto precisato dalla Prima sezione civile della Cassazione con ordinanza n. 651 del 14 gennaio 2019, nel ribaltare una decisione di merito nella quale, in ordine alla valutazione delle capacità economica di due coniugi, era stato fatto riferimento, da una parte, al reddito netto della moglie e, dall’altra, a quello lordo del marito.
La Suprema corte, nella sua decisione, ha ricordato l’importante sentenza della Cassazione, a Sezioni Unite (n. 18287/2018), con cui è stata precisata la funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa dell’assegno di divorzio.
E’ stato ribadito, quindi, come il riconoscimento dell’assegno richieda l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.
In detto contesto, il giudizio dovrà essere espresso, in primo luogo, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno dei due ex, in relazione alla durata del matrimonio e l’età dell’avente diritto.
Sulla valutazione da compiere, gli Ermellini hanno richiamato anche un ulteriore chiarimento reso dalla giurisprudenza di legittimità, sia pure in tema di separazione.
E’ stato, in particolare, ricordato come la valutazione in ordine alle capacità economiche dell’obbligato, ai fini del riconoscimento e della determinazione dell’assegno di mantenimento, debba essere operata sul reddito netto e non già su quello lordo, in quanto, in costanza di matrimonio, la famigli fa affidamento sul reddito netto e ad esso rapporta ogni possibile spesa.
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