La Cassazione ribadisce il recente orientamento in tema di assegno divorzile e relativa spettanza: il tenore di vita matrimoniale non costituisce più un parametro utilizzabile.
Per la Suprema corte, infatti, l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno non possono essere operate sulla base della mera constatazione della notevole differenza reddituale tra i coniugi, nella prospettiva della ricostruzione del tenore di vita in costanza di matrimonio.
E' quanto si legge nel testo della sentenza n. 24932 del 7 ottobre 2019, con cui la Corte ha accolto, con rinvio, le ragioni di un ex coniuge il quale, nell’ambito di un divorzio, si doleva che i giudici di merito avessero dato seguito all’ormai superato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la funzione dell’assegno divorzile sarebbe quella di garantire, seppur tendenzialmente, la conservazione del tenore di vita matrimoniale.
Questo quando la più recente lettura operata dalla Corte di legittimità afferma, invece, che la funzione dell’assegno è quella di assistere l’ex coniuge privo di mezzi adeguati a vivere un’esistenza autonoma e dignitosa.
Nel caso esaminato, il ricorrente aveva sottolineato che la ex moglie non aveva diritto all’assegno, tenuto conto della sua indipendenza economica e della sua giovane età (35 anni all’epoca della sentenza parziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio).
Inoltre, i giudici di merito non avevano tenuto conto o, comunque, avevano sottovalutato gli oneri economici connessi al nuovo nucleo familiare costituito dall’obbligato, che aveva inciso sensibilmente sulla situazione patrimoniale e reddituale di questi.
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