Il Consiglio dei Ministri, del 27 settembre, ha approvato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef) 2018.
Il programma di politica economica e finanziaria illustrato nella NaDef è coerente con il contratto di Governo e con la risoluzione parlamentare sul Def 2018 approvata il 19 giugno scorso.
Tra i punti principali della prossima legge di Bilancio troviamo:
la cancellazione degli aumenti dell’Iva previsti per il 2019, con clausole di salvaguardia che valgono 12,4 miliardi di euro;
l’introduzione del reddito di cittadinanza, con la contestuale riforma e il potenziamento dei Centri per l’impiego, per il quale servono 10 miliardi;
l’introduzione della pensione di cittadinanza;
l’introduzione di modalità di pensionamento anticipato per favorire l’assunzione di lavoratori giovani (i fondi per la cosiddetta quota “100” si fissano a 7 miliardi. L’obiettivo è superare la legge Fornero garantendo la pensione a 400mila lavoratori);
la prima fase dell’introduzione della flat tax tramite l’innalzamento delle soglie minime per il regime semplificato di imposizione su piccole imprese, professionisti e artigiani, che vale 1,5 miliardi (riforma dell'Irpef dal 2019, con l'obiettivo di passare dalle cinque aliquote attuali a due aliquote dal 2021);
il taglio dell’imposta sugli utili d’impresa (Ires) per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi.
La trattativa tra i vertici della maggioranza parlamentare e i tecnici dell’Esecutivo è stata serrata ed è finita con un “accordo raggiunto con tutto il governo sul deficit al 2,4%” del Pil per il 2019.
La quota del deficit al 2,4%, cioè ben 8 decimi in più di quello che era stato programmato per quest’anno, è stata ritenuta indispensabile per liberare le risorse necessarie per fare spazio soprattutto alla tanto richiesta riforma delle pensioni e al reddito di cittadinanza. Allo stesso tempo, però, è stata oggetto di critiche da parte del Mef che ritiene che il livello del deficit raggiunto non garantisce né l’abbassamento del debito pubblico né il “non peggioramento” del deficit strutturale.
Il piano nazionale delle riforme (Pnr) allegato alla Nota di aggiornamento del Def mette al primo posto la riforma dell’Irpef con una “dual tax” in vigore dal 2021.
Nella bozza della Nadef si legge, infatti, che: “Il governo intende avviare da subito la riforma dell'imposta sui redditi delle famiglie e dei cosiddetti contribuenti minimi. La graduale introduzione di una flat tax sui redditi avrà un ruolo centrale nella creazione di un clima più favorevole alla crescita e all'occupazione tramite la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro”.
L’obiettivo dell’Esecutivo per le persone fisiche è quello di passare inizialmente dalle attuali cinque a tre aliquote, per giungere al 2021 con due aliquote.
Il livello delle aliquote verrà gradualmente ridotto, per arrivare ad un'unica aliquota del 23% per i redditi fino a 75 mila euro e ad un prelievo del 33% per i redditi oltre questo limite.
Il taglio delle aliquote sarà finanziato da una riduzione delle spese fiscali e da una rimodulazione delle aliquote Iva.
Ancora non del tutto tramontata l’idea di abbassare di un punto percentuale, già da quest'anno, la prima aliquota Irpef del 23%, portandola al 22%.
Da subito, invece, arriverà la flat tax per le partite Iva al 15% con ricavi fino a 65mila, mentre per il tetto di ricavi fino a 100mila occorre attendere il via libera dell'Unione Europea. Con il via libera di Bruxelles, l’aliquota dei cosiddetti minimi per la tassazione sulla parte incrementale potrebbe fissarsi al 20%.
Gli stessi contribuenti in regime dei minimi dovrebbero, poi, anche usufruire dell'esenzione della fatturazione elettronica.
Nella bozza di Nadef si evidenzia che “i cambiamenti allo studio consistono nell'innalzamento della soglia di ricavi e delle spese per il personale e per i beni strumentali a cui si applica il regime dei minimi, beneficiando così di una platea più ampia di artigiani, piccoli imprenditori e professionisti”.
Una volta definito il tetto dei ricavi, ora si lavora sulla platea delle partite Iva interessate: l’ipotesi avanzata è quella di non allargare il regime ai soci e, quindi, escludere le Sas, le Snc e le Srl tassate per trasparenza, come inizialmente ipotizzato.
Le società, quindi, restano escluse dalla flat tax al 15%, prevista per le partite Iva.
In particolare per Sas, Snc e Srl tassate per trasparenza, il Governo apre la strada della riduzione di 9 punti dell’Ires, dall’attuale 24% al 15% (cosiddetta mini-Ires), sugli utili reinvestiti in beni strumentali e soprattutto in nuove assunzioni.
Inoltre, accanto al taglio dell’Ires, le società di persone e le ditte individuali in contabilità semplificata, che hanno scelto il regime di cassa, potranno recuperare le perdite di magazzino.
Previsto il reddito di cittadinanza, ma nei giusti tempi.
Nella Nota di aggiornamento del Def, nel capitolo dedicato a lavoro e welfare, si legge che “l'attuazione efficace dell'obbligo formativo e della effettiva partecipazione al mercato del lavoro richiede il rafforzamento qualitativo e quantitativo dei centri per l'impiego”.
Per la buona riuscita di questa misura, infatti, serve un lavoro lungo e accurato, così articolato:
coordinarsi con le regioni per rendere omogenee le prestazioni fornite e realizzare una rete capillare in tutto il territorio nazionale;
attuare un piano di assunzioni di personale qualificato;
realizzare il Sistema Informativo Unitario per facilitare l'attività di ricollocazione dei disoccupati;
assicurare un adeguamento dei locali anche dal punto di vista strutturale, rendendo i centri per l'impiego un luogo in cui il lavoratore può trovare da subito un aiuto e condizioni adattate agli urgenti bisogni derivanti dalla perdita del posto di lavoro.
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