Con l'entrata in vigore del Decreto legislativo n. 36/2018, il reato di appropriazione indebita aggravata, già perseguibile d'ufficio, risulta ora perseguibile a querela.
L’articolo 10 del citato decreto ha, infatti, abrogato il terzo comma dell'articolo 646 del Codice penale che prevedeva la procedibilità d’ufficio.
Lo ha precisato la Corte di cassazione con sentenza n. 45465 del 9 ottobre 2018.
Nella medesima decisione, la Suprema corte ha, altresì, sottolineato come, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione.
Tale volontà – ha proseguito - può essere riconosciuta, nel caso esaminato, nell'atto con il quale la persona offesa si è costituita parte civile, nonché nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio, sicché non occorre dare alla medesima l'avviso di cui all'articolo 12, comma 2, D.Lgs. 36/2018.
Gli Ermellini, in particolare, si sono pronunciati in ordine alla vicenda di una addetta alle vendite dei biglietti di Trenitalia a cui era stato originariamente contestato il reato di peculato in quanto si era appropriata di un biglietto già pagato da un viaggiatore.
La Cassazione, escludendo che la stessa rivestisse la qualifica di incaricato di pubblico servizio, ha derubricato la fattispecie contestata nel meno grave reato di appropriazione indebita.
Di conseguenza, è stata ravvisata l’estinzione, per prescrizione, del reato contestato, così come ora qualificato, per decorso del termine massimo di prescrizione di cui agli articoli 157 e 161 del Codice penale.
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