Il momento consumativo del reato di appropriazione indebita coincide con quello dell'interversione del titolo del possesso, da individuarsi sulla base di elementi di fatto concreti, indicativi senza alcun dubbio del mutato atteggiamento dell'agente.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con sentenza n. 38075 depositata il 18 settembre 2015, parzialmente accogliendo il ricorso di due imputati, cui erano state contestate una serie di appropriazioni indebite aggravate.
Questi ultimi, in particolare, fingendosi consulenti finanziari, si erano fatti consegnare dai clienti delle ingenti somme di denaro, che avevano solo parzialmente restituito, mentre in gran parte, avevano impiegato per investimenti immobiliari rilevatisi di scarso successo.
Nell'accogliere le censure dei ricorrenti, la Cassazione ha evidenziato come i giudici di merito abbiano fatto uso – ai fini della rilevazione del momento consumativo integrante le contestate appropriazioni - di criteri lacunosi e non del tutto corretti.
Invero, l'istante in cui gli investitori hanno percepito la non volontà, da parte dei falsi consulenti, di restituir loro il denaro consegnato per investimento, se ha decisivo rilievo ai fini termine iniziale per proporre querela, non lo ha altrettanto per la determinazione del momento consumativo dei reati. Ciò, poichè non consente di individuare con esattezza l'epoca dell'interversione del titolo del possesso nei singoli casi, che deve essere determinata sulla base di comportamenti ed avvenimenti di fatto da cui desumere inequivocabilmente l'atteggiamento dell'agente rispetto ai fondi avuti in gestione.
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