Recentemente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto fornendo alcune risposta ad interpelli in materia di apprendistato che permettono di fornire un quadro sempre più chiaro della fattispecie.
L'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto anche quando la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da un contratto di solidarietà che va stipulato a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure a livello aziendale dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Come specificato dall’art. 21, D.Lgs. n. 148/2015, la riduzione media oraria non può essere superiore al 60% dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà e, per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 70% nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato.
Spetta, inoltre, agli accordi sindacali specificare le modalità attraverso le quali l'impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l'orario ridotto.
Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale.
A seguito di quesito posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, con la risposta all’interpello n. 21 dell’11 agosto 2016, il Ministero del Lavoro ha ricordato che gli apprendisti risultano esclusi dalla platea dei destinatari del trattamento di integrazione salariale straordinario per solidarietà, visto che l’art. 2 del D.Lgs. n. 148/2015 chiarisce che i lavoratori assunti con contratto di apprendistato professionalizzante alle dipendenze di imprese nei confronti delle quali trovano applicazione le sole integrazioni salariali straordinarie, sono destinatari dei corrispondenti trattamenti limitatamente alla causale di intervento per crisi aziendale.
Posto quanto sopra va considerato che la funzione primaria del contratto di solidarietà difensivo consiste nel mantenimento dei livelli occupazionali, finalità che va contemperata con la possibile insorgenza, nel periodo di solidarietà, di ulteriori esigenze lavorative.
In effetti il D.M. 13 gennaio 2016, n. 94033, all’art. 4, ammette la possibilità di fronteggiare sopravvenute e temporanee esigenze di maggior lavoro, operando una minore riduzione dell’orario di lavoro del personale interessato rispetto a quanto originariamente pattuito, purché vi sia un’espressa previsione contenuta nel contratto di solidarietà.
Tuttavia, continua la risposta ministeriale, è anche possibile che tali esigenze di maggior lavoro non possano essere soddisfatte da lavoratori con mansioni disponibili nell’organico aziendale, per cui potrebbero necessitare nuove assunzioni che sarebbero funzionali anche al superamento della condizione di difficoltà che ha dato causa all’intervento di integrazione salariale.
In tali situazione sarebbe quindi ammissibile procedere a nuove assunzioni in costanza di solidarietà difensiva anche mediante l’attivazione di un contratto di apprendistato, sempreché si riscontrino anche gli ulteriori requisiti di legge, ed in particolare il rispetto del rapporto che deve sussistere tra apprendisti assunti e maestranze specializzate e qualificate.
Chiaramente, conclude il Ministero, è necessario che il datore di lavoro o i suoi dipendenti abbiano l’esperienza e le competenze necessarie a garantire che l’apprendista riceva una formazione adeguata rispetto alle finalità dell’apprendistato.
Come noto, l’apprendistato è un contratto di lavoro subordinato in forza del quale l’imprenditore è obbligato a impartire oppure a far impartire all’apprendista l’insegnamento necessario per poter conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato.
Il piano formativo allegato al contratto di assunzione definisce gli obiettivi da conseguire ripartendo l’impegno tra l’attività di formazione interna ed esterna all’azienda.
Posto ciò, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili ha chiesto al Ministero del Lavoro la corretta interpretazione dell’art. 43, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015, in merito al calcolo della contribuzione dovuta per le ore di formazione dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
Con al risposta all’interpello n. 22 dell’11 agosto 2016, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva ha ricordato che, già con circolare n. 208 del 13 ottobre 1988, l’INPS ha avuto modo di precisare che il calcolo dell’aliquota contributiva per gli apprendisti andava effettuata sulle retribuzioni effettivamente corrisposte, fermo restando, comunque, il rispetto dell’importo delle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi.
Tale aliquota contributiva, pari al 10%, è stata attualmente ridotta nella misura del 5%, ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 150/2015 ed in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2016.
Stante quanto sopra, la suddetta aliquota del 5% va calcolata sulla retribuzione effettivamente erogata all’apprendista, retribuzione che deve evidentemente corrispondere agli importi contrattuali minimi stabiliti dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni, datoriali e dei lavoratori, comparativamente più rappresentative.
Per l’apprendistato del primo tipo, l’art. 43, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015, prevede che:
Quindi si deve concludere che per le ore di formazione esterna il datore di lavoro è del tutto esonerato dal corrispondere il trattamento retributivo, con conseguente esclusione dell’obbligo di versamento contributivo, né si può ritenere configurabile un diritto all’accreditamento di una contribuzione figurativa, perché questa è prevista dal Legislatore in casi tassativi con idonea copertura finanziaria.
Per le ore di formazione a carico del datore, poiché è stato lo stesso Legislatore a prevedere la possibilità di corrispondere una retribuzione inferiore rispetto all’importo dovuto in ragione del contratto collettivo, il reddito minimo imponibile sul quale calcolare l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro dovrà essere individuato nella retribuzione così determinata, salvo le diverse previsioni sul punto del contratto collettivo di riferimento.
Quadro delle norme |
D.Lgs. n. 81/2015 D.Lgs. n. 148/2015 D.Lgs. n. 150/2015 D.M. n. 94033/2016 INPS, circolare n. 208 del 13 ottobre 1988 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interpello n. 21 dell’11 agosto 2016 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interpello n. 22 dell’11 agosto 2016 |
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