“Appare possibile ritenere l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, dal quale il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell’addestramento, senza incorrere negli obblighi risarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato”.
Questa è la conclusione della nota interpello n. 79 del 12 novembre 2009, con cui il ministero del Lavoro ha posto fine ad una questione da tempo oggetto di confronto in dottrina e sottoposta alla sua attenzione dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.
Più di una volta, infatti, ci si era interrogati sulla natura del rapporto di apprendistato e sul fatto se esso potesse o meno essere considerato un contratto a tempo indeterminato. Nella nota in oggetto, dal Dicastero fanno sapere che il contratto di apprendistato può essere considerato un contratto a tutele progressive. Esso si articola, cioè, come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a cui si aggiunge un periodo di tirocinio, finalizzato all’acquisizione delle conoscenze necessarie per ricoprire quella specifica qualifica professionale.
Sulla base di precedenti orientamenti giurisprudenziali (Corte di costituzionale, sentenza 169/1973), il Ministero concorda sul fatto che durante il periodo di apprendistato trova piena applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali prevista per ogni tipo di lavoro subordinato. Dunque, nel caso di specie, il datore di lavoro anche prima della fine del periodo di addestramento, può recedere legittimamente dal contratto, senza dover risarcire il lavoratore, come nel caso di contratto a tempo determinato. Non costituisce, però, giusta causa di licenziamento il mancato superamento della “prova d’arte”, prima della scadenza del temine previsto per l’apprendistato. L’addestramento si considera, infatti, concluso solo alla fine del periodo stabilito nel contratto stesso.
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