Rispondendo ad una questione di massima di particolare importanza, le Sezioni unite civili di Cassazione hanno puntualizzato che l’appello avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale, sia in caso di rigetto che di accoglimento, deve essere introdotta con ricorso e non con citazione.
Questo, nel regime dell’articolo 19 del Decreto legislativo n. 150/2011, per come modificato dall’articolo 27 comma 1, lettera f) del Decreto legislativo n. 142/2015.
Da ribadire, quindi, l’orientamento secondo cui, quando l’ordinamento prescrive, per l’esercizio del diritto di impugnazione rispettivamente la forma del ricorso ovvero della citazione, lo scopo dell’attività di esercizio del diritto di impugnazione connaturato alle due diverse forme è, nel primo, che nel termine di impugnazione si realizzi la “presa di contatto” con il giudice investito dell’impugnazione e, nel secondo, che entro quel termine si realizzi la “presa di contatto” con la parte destinataria dell’impugnazione medesima.
Conseguentemente, l’errore nella scelta dell’atto di proposizione dell’impugnazione sotto il profilo del contenuto-forma che non abbia realizzato la citata presa di contatto prescritta, può essere rimediato solo tramite eventuali attività integrative successive all’adozione dell’atto, idonee a realizzare lo scopo prefissato entro il termine di impugnazione e non già oltre quel termine.
Nel testo della sentenza n. 28575 depositata l’8 novembre 2018, le SU hanno, quindi, precisato che il nuovo principio di diritto così sancito “costituisce “overrulling” processuale sin dall’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 19 citato”.
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