Amministratore di fatto anche con attività in forma non continuata

Pubblicato il 09 gennaio 2016

Con la sentenza n. 51091 del 2015, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna nei confronti di un amministratore di fatto di una società, che era già stato condannato dalla Corte d'appello di Milano per avere alterato le scritture contabili e per aver reso impossibile la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari a danno dei creditori.

L'imputato nel difendersi aveva evidenziato come la figura dell'amministratore di fatto comporti lo svolgimento in forma continuata di atti tipici di gestione, contribuendo in prima persona alle decisioni prese da chi è investito realmente della carica di amministratore. Nel caso di specie, invece, era stata dimostrata la partecipazione dell'amministratore di fatto ad un singolo affare.

Sì alla condanna per bancarotta se vi è un’«apprezzabile attività gestoria»

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 51091/2015 evidenzia che se la figura dell'amministratore di fatto (art. 2639 C.c.) presuppone l’esercizio in maniera continuativa e significativa dei poteri tipici della funzione è pur vero che significatività e continuatività “non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale”.

Pertanto, per dimostrare l'esistenza della figura dell'amministratore di fatto è necessario l’inserimento della persona interessata con funzioni direttive in ogni fase della sequenza produttiva, organizzativa o commerciale della società (esempio: nei rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti), mentre non è necessario l’esercizio in forma continuata di tutti i poteri dell’amministratore. L'importante è che tale esercizio non sia svolto in una forma non occasionale o episodica.

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