Alla Consulta la parola definitiva sul lavoro a termine

Pubblicato il 14 febbraio 2011 La Corte Costituzionale è stata più volte chiamata in causa per decidere sulla costituzionalità dell’articolo 32, commi 5 e 6 del Collegato lavoro, che ha introdotto un'indennità forfettaria "omnicomprensiva", da 2,5 a 12 mensilità di retribuzione, in caso di termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro subordinato.

In particolare, la legge n. 183/2010 vuole fissare norme che valgono anche per i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della stessa (24.11.2010), che prevedano il risarcimento del lavoratore nel caso in cui, a seguito della violazione delle disposizioni relative al contratto di lavoro a tempo determinato, sia prevista la sua trasformazione in contratto a tempo indeterminato. In tali circostanze, è disposto l’obbligo per il datore di lavoro di risarcire il lavoratore con una indennità onnicomprensiva da 2,5 a 12 mensilità, ridotta alla metà nel caso di contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati a termine nell’ambito di specifiche graduatorie.

Scopo del legge n. 183/2010 è quello di unificare il criterio di liquidazione del danno, al fine di arginare il fenomeno delle conversioni eccessive, con conseguenti esborsi di misura non prevedibile per i datori di lavoro.

Contro questa posizione è intervenuta più volte la Corte di Cassazione. Da ultimo, con l’ordinanza della Sezione Lavoro del 28 gennaio scorso, con cui i giudici di merito hanno eccepito la legittimità costituzionale dei commi 5 e 6 del richiamato articolo 32 del Collegato Lavoro, per contrasto con gli articoli 3, 4, 24, 111 e 117 della Costituzione italiana.

In attesa che la Consulta si esprima sulla legittimità della norma e definisca una volta per tutte il tetto dell’indennità, si sta profilando una duplice strada per le cause già in corso. Oltre alla sospensione delle cause pendenti in attesa di un chiarimento ufficiale, in virtù del fatto che l’applicabilità della norma potrebbe portare a conseguenze molto differenti tra loro, l’altra via praticabile sembra quella della conciliazione tra le parti. Si ipotizza, infatti, che sia in sede stragiudiziale che giudiziale, una soluzione possa essere quella dell’immediata assunzione del lavoratore da parte del datore di lavoro, per evitare di incorrere nel rischio del risarcimento del danno.

Viceversa, in assenza di un accordo conciliativo con la controparte, i datori di lavoro - soprattutto se coinvolti in numerosi contenziosi - si apprestano a predisporre in bilancio i dovuti accantonamenti per far fronte ai risarcimenti da effettuare nel caso in cui i commi 5 e 6 dell’articolo 32 dovessero essere dichiarati incostituzionali. In questo caso, infatti, i risarcimenti a carico dei datori di lavoro potrebbero superare di molto le 12 mensilità massime attualmente previste.
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