Le Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, con sentenza del 29 luglio 2021 n. 21764, investite del caso di un responsabile e di un addetto dell'ufficio stampa di un'amministrazione pubblica, enunciano due importanti principi per l'individuazione dell'Ente previdenziale a cui versare i contributi previdenziali (INPGI oppure INPS).
La sentenza, che si distingue per l'approfondita ricostruzione storica e normativa e della funzione attribuita all'INPGI a partire dalla sua costituzione, torna sulla nozione di attività giornalistica e conferma l'obbligo di iscrizione all'INPGI a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto.
Con verbale ispettivo l'INPGI aveva contestato ad una PA il mancato pagamento dei contributi relativamente alla posizione di due dipendenti che ricoprivano il ruolo di responsabile e di addetto del proprio ufficio stampa.
Il Tribunale di Roma, adito dalla PA, aveva dichiarato l'insussistenza dell'obbligo di versamento dei contributi all'INPGI, assumendo che l'attività dei due lavoratori non fosse di tipo giornalistico.
La Corte d'appello, ritenendo, al contrario, che si trattasse di attività giornalistica, accoglieva l'impugnazione proposta dall'INPGI avverso la pronuncia resa dal Tribunale, condannando la PA a pagare in favore di quest'ultimo contributi, interessi e sanzioni.
Rimarcava la Corte territoriale che entrambi i lavoratori erano iscritti all'albo dei giornalisti pubblicisti e che l'iscrizione all'INPGI fosse obbligatoria altresì per i giornalisti pubblicisti che svolgano in regime di subordinazione un'attività di tipo giornalistico, anche alle dipendenze di soggetti diversi dagli editori di testate ed anche con contratto di lavoro non giornalistico (art. 9 della I. n. 150 del 2000, art. 17, comma 3, della I. n. 503 del 1992).
Inoltre, la Corte riteneva non rilevante, per escludere la natura giornalistica dell'attività, il rapporto di subordinazione gerarchica dei due dipendenti e rilevava che nell'attività svolta dai predetti vi fossero gli elementi per considerare sussistente quell'attività di mediazione tra il fatto e la diffusione della notizia che contraddistingue l'attività giornalistica.
La PA proponeva ricorso in cassazione, prospettando quattro motivi di ricorso, al quale l'INPGI resisteva con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria veniva disposta la trasmissione del ricorso al Primo Presidente che, in ragione della particolare importanza della questione di massima, ha assegnato la controversia alle Sezioni unite. Al fine di stabilire rispetto a quale soggetto previdenziale (INPGI oppure INPS) vada adempiuto l'obbligo contributivo del datore di lavoro pubblico, l'ordinanza interlocutoria ha infatti rilevato l'esigenza di una interpretazione sistemica della disciplina della professione giornalistica.
La PA ricorrente contesta l'assunto della Corte d'appello secondo cui l'obbligo di contribuzione in favore dell'INPGI discenda dal combinato disposto dell'art. 9 della 1. n. 150 del 2000 e dell'art. 76 della 1. n. 388 del 2000.
Il citato art. 9 prevede che negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali siano affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Il legislatore ha previsto una specifica area di contrattazione da applicare al personale interno all'amministrazione che è destinato all'ufficio stampa, con la conseguenza che i contributi previdenziali dovevano essere versati all'INPDAP, ora INPS.
L'obbligo di contribuzione all'INPGI, evidenzia la ricorrente, sussiste solo per i giornalisti professionisti iscritti all'albo professionale, ai quali si applica il contratto nazionale di categoria dei giornalisti, mentre è facoltativo per i giornalisti pubblicisti.
Condizione unica per il versamento dei contributi all'INPGI è l'essere il rapporto di lavoro regolato dal c.c.n.l. dei giornalisti e non la natura giornalistica dell'attività svolta. Natura giornalistica per giunta non rilevabile nel caso di specie svolgendo, quanto ai due dipendenti dell''ufficio stampa aziendale, un'attività diretta esclusivamente a presentare le iniziative dell'azienda, a scopo di promozione e comunicazione.
Il procuratore generale chiede che venga respinto il ricorso evidenziando che ciò che rileva ai fini dell'iscrizione all'INPGI è lo svolgimento di attività giornalistica, a prescindere dalla natura del datore di lavoro e del c.c.n.l. applicato. Pertanto anche i dipendenti pubblici in possesso dei titoli necessari che svolgano per la pubblica amministrazione attività di tipo giornalistico devono essere iscritti all'INPGI a prescindere dal fatto che il loro rapporto sia soggetto ad un c.c.n.l. diverso dal contratto nazionale giornalistico (Cass. 20 luglio 2007, n. 16147; Cass. 26 giugno 2004, n. 11944).
Approfondita è la ricostruzione del complesso quadro normativo e contrattuale in materia, nonché della giurisprudenza della Corte costituzionale e di quella di legittimità che segue.
L'assetto ordinamentale dell'INPGI, dalle prime forme di previdenza in favore dei giornalisti ("Casse pie di assistenza" e "Fondo carta") fino alla veste ufficiale di Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (R.D. 25 marzo 1926, n. 838, legge 20 dicembre 1951, n. 1564, c.d. legge Rubinacci e legge. 9 novembre 1955, n. 1122, c.d. legge Vigorelli).
Attualmente l'INPGI gestisce, in regime sostitutivo e con regolamentazione autonoma, tutte le forme assicurative obbligatorie di previdenza ed assistenza a favore dei giornalisti professionisti con due distinte gestioni:
L'iscrizione all'Istituto è estesa anche ai praticanti e ai tele-cineoperatori di testate giornalistiche televisive iscritti all'albo dei giornalisti professionisti (legge 25 febbraio 1987, n. 67).
Ai sensi della disciplina generale su descritta, qualunque datore di lavoro, a prescindere dalla natura privata o pubblica, che abbia alle proprie dipendenze giornalisti è tenuto all'iscrizione all'INPGI in regime di sostitutività delle forme di previdenza obbligatoria e anche per i giornalisti pubblicisti.
Sul punto si richiama da ultimo Cass. 25 maggio 2021, n. 14391 che ha stabilito che l'obbligo assicurativo presso l'INPGI ricorre nei casi in cui, a prescindere dal c.c.n.l. applicato e dell'inquadramento aziendale, concorrano le seguenti condizioni (condizioni tra loro concorrenti e non alternative):
Dunque, il giornalista (professionista, pubblicista e/o praticante) che svolga attività di lavoro subordinato riconducibile a quella della professione giornalistica, ai fini della tutela previdenziale, è obbligatoriamente iscritto all'INPGI. Si tratta di principio che è stato nuovamente ribadito - per i dipendenti da aziende private - dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con nota n. 14072 del 27 dicembre 2005.
L'accertamento che l'attività svolta sia giornalistica è un prerequisito indispensabile che concorre, con l'iscrizione anche d'ufficio e retroattiva all'albo dei praticanti, nel radicare il diritto del lavoratore e dell'Istituto a pretendere che si provveda all'iscrizione e che siano versati i dovuti contributi.
E a questi principi generali non sfugge peraltro il modello dell'addetto all'ufficio stampa dipendente pubblico.
Sul piano dell'accertamento dell'attività svolta si rileva poi che non vi era stato il semplice trasferimento all'esterno di messaggi informativi, ma la capacità di trattare l'informazione e cioè un'attività (implicante quella di reperire e verificare le notizie, selezionare quelle rilevanti, individuare quelle suscettibili di essere veicolate all'esterno e le relative modalità) precipuamente espressiva della professionalità di cui alla 1. n. 69 del 1963.
L'attività svolta in concreto con le caratteristiche nel senso sopra descritte comporta, per il datore di lavoro, l'obbligo di versamento dei contributi all'INPGI anche nell'ipotesi di un datore di lavoro pubblico che applica il c.c.n.l di comparto senza l'inquadramento nello specifico profilo professionale del "giornalista pubblico".
Per tutto quanto sopra detto, con riguardo alle funzioni attribuite, nel tempo, dal legislatore all'INPGI, si ritiene che l'applicazione di un c.c.n.l. pubblico non possa costituire ragione ostativa dell'obbligo di versamento di contributi previdenziali all'Istituto di previdenza dei giornalisti.
Pertanto le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione enunciano i seguenti principi di diritto:
"Deve essere considerata giornalistica l'attività svolta nell'ambito dell'ufficio stampa di cui alla l. n. 150 del 2000 per la quale il legislatore ha richiesto il titolo dell'iscrizione all'albo professionale e previsto un'area speciale di contrattazione con la partecipazione delle oo.ss. dei giornalisti".
"In presenza dello svolgimento di attività giornalistica l'iscrizione all'INPGI ha portata generale a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dal contratto collettivo applicabile al rapporto".
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