Esiste obbligo di contraddittorio preventivo all’emissione dell’atto di accertamento per i tributi armonizzati come l’Iva anche se il controllo è avvenuto a tavolino e senza alcun accesso. Inoltre, è onere del contribuente enunciare le ragioni che avrebbe potuto far valere in quella sede, che non devono essere pretestuose.
Lo sancisce la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21767, depositata il 7 settembre 2018, con la quale viene analizzato un caso di un accertamento “a tavolino” per Ires, Irap e Iva, che era stato svolto senza alcun contraddittorio preventivo.
La vicenda riguarda avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate avverso una società per contestazioni sia sulle imposte sui redditi che sull’Iva. La Ctr aveva accolto l’appello principale del Fisco e rigettato quello incidentale proposto dalla società, che lamentava che gli accertamenti non erano stati preceduti da contraddittorio.
Secondo la Ctr, trattandosi di un accertamento a tavolino non era applicabile il disposto dell’articolo 12, comma 7, della Legge n. 212/2000.
Contro la sentenza della Ctr, la società ha proposto ricorso per Cassazione, denunciando violazione degli articoli 10 e 12 della Legge n. 212/2000 e delle regole in tema di controllo endoprocedimentale.
Nello specifico, la società lamentava il fatto che l’Amministrazione finanziaria, dopo solo 12 giorni dalla consegna della documentazione alla stessa, richiesta con questionario, avesse emesso gli avvisi di accertamento (poi impugnati), senza consentire alcun confronto sulle rettifiche contestate.
In altri termini, l’Agenzia non aveva consentito la previa attivazione del contraddittorio.
La Suprema Corte di Cassazione accoglie il ricorso della società, richiamando quanto già sancito nella sentenza n. 24823/2015 sul contraddittorio preventivo per gli accertamenti a tavolino.
In particolare, la Corte ricorda che, in tema di diritti e garanzie del contribuente, l’Amministrazione è gravata di un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale esclusivamente per i tributi “armonizzati”.
Con riferimento a questi ultimi, infatti si legge nella sentenza, “avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato e che l’opposizione di dette ragioni (…), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di tutela dell’interesse per il quale è stato predisposto”.
Viceversa per i tributi non armonizzati, l’accertamento è legittimo pur in assenza di contraddittorio.
Dunque, con riferimento al caso di specie che – si ricorda – aveva ad oggetto sia l’Iva (tributo armonizzato), che Irap e Ires (tributi non armonizzati), la Ctr poteva escludere automaticamente la necessità del contraddittorio solo per l’Ires e per l’Irap, ma non anche per l’Iva.
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