Accertamento. Per il ricarico di vendita presunto fanno fede gli scontrini fiscali

Pubblicato il 26 novembre 2019

La Corte di Cassazione fa chiarezza su alcune prassi operative applicate in sede di accertamento fiscale, che solitamente vengono poste in essere sia dalla Guardia di Finanza che dall’Agenzia delle Entrate.

Il caso di specie analizzato è quello di un esercizio commerciale (bar) a cui venivano contestati maggiori ricavi applicando una percentuale di ricarico sulla base delle dichiarazioni rese dal contribuente in occasione della verifica.

Nei primi gradi di giudizio, la Ctr aveva accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria confermando la legittimità della rettifica.

Il contribuente ricorre in Cassazione, adducendo tra le motivazioni difensive il fatto che:

La Suprema Corte, con sentenza n. 30363 depositata il 21 novembre 2019, accoglie il ricorso del contribuente, con rinvio alla Ctr Lazio che dovrà provvedere anche alle spese del giudizio di legittimità.

Per la Corte, infatti, “il giudice di appello non ha in alcun modo considerato queste specifiche deduzioni, incorrendo, quindi, in una motivazione insufficiente”.

Secondo gli Ermellini andavano considerate tutte le allegazioni difensive, tra cui – in primo luogo – quella secondo la quale “i prezzi di vendita dei prodotti dovevano essere desunti dagli scontrini fiscali acquisiti in sede di verifica, e non dalle dichiarazioni rese dal contribuente in sede di accesso”.

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