L’accertamento fiscale avente ad oggetto obbligazioni tributarie i cui presupposti siano maturati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente, è inefficace nell'ambito della procedura fallimentare, ove sia notificato soltanto al fallito e non anche al curatore del fallimento.
In detta situazione, si deve pertanto precedere a separata notifica anche nei confronti del curatore (e non solo del contribuente), una volta aperta la procedura fallimentare, con il solo limite preclusivo della definitività dell’atto impositivo, laddove medio tempore intervenuta.
E’ evidente infatti che, a fronte della notifica dell’avviso già effettuata al contribuente in bonis, l’ulteriore notifica al curatore svolge la diversa funzione di manifestare l’intenzione dell’Amministrazione finanziaria di procedere (anche) all'insinuazione al passivo fallimentare del credito vantato, per ottenerne soddisfazione in sede concorsuale; opzione, questa, non necessariamente scontata, potendo l’Amministrazione medesima valutare, in piena discrezionalità, l’inutilità di siffatta insinuazione, ove risulti la mancanza di attivo.
E’ quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, respingendo le censure dell’Agenzia delle Entrate avverso l’impugnata decisione, che, sceverando la natura degli interessi sottesi alla formazione dell’atto impositivo nei confronti del contribuente e del curatore fallimentare, ha sostanzialmente escluso che la notifica dell’accertamento al contribuente in bonis sia idonea a far decorrere il termine per la sua impugnazione anche nei confronti del curatore del fallimento sopravvenuto in pendenza di detto termine, ed in ultima analisi, che l’intervenuta definitività dell’atto medesimo sia opponibile alla massa dei creditori.
E’ viceversa necessario – conclude la Corte con sentenza n. 18002 del 14 settembre 2016 – che il curatore sia messo direttamente nella condizione, tramite apposita notifica a lui indirizzata, di esercitare le azioni a tutela della massa di creditori.
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