Accertamento legittimo anche se congrui agli studi di settore

Pubblicato il 18 marzo 2017

Dichiarare un reddito entro gli studi di settore non mette al riparo la piccola impresa da un possibile accertamento fiscale.

L'atto impositivo a carico di una piccola impresa è da considerare legittimo nel caso in cui la contabilità risulti nel complesso inattendibile, come, per esempio, nel caso di perdite dichiarate a fronte di un gran numero di dipendenti ben pagati, anche se vi è una situazione di congruità dei ricavi agli standard.

Lo sancisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6951 del 17 marzo 2017.

Contabilità inattendibile ma ricavi congrui

I Supremi giudici, respingendo il ricorso di un artigiano, affermano che non è accoglibile la motivazione della difesa, che lamentava la violazione del Decreto legge n. 331/1993, nella parte in cui il giudice d'appello esclude rilevanza alla congruità dei ricavi con quelli dello studio di settore applicabile.

Ciò in quanto, il metodo di accertamento analizzato dal suddetto Decreto legge è soltanto uno degli strumenti utilizzabili dall'Amministrazione finanziaria per accertare in via presuntiva, al cospetto di una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile, il reddito reale del contribuente. Pertanto, l'accertamento può essere condotto anche tenendo conto di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche della specifica attività svolta.

Ne deriva che l’evidente antieconomicità della gestione di un'impresa legittima l'accertamento fiscale anche nel caso di congruità rispetto allo studio di settore.

Anche prescidendo dagli studi di settore, l'Amministrazione finanziaria può far leva sulle incongruenze accertate e avviare l'atto impositivo, a nulla rilevando il fatto che negli anni precedenti l'Ufficio non abbia proceduto ad accertamenti.

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