Accertamento. L’assoluzione penale non salva il contribuente dai controlli del Fisco

Pubblicato il 28 marzo 2011 L’equazione tra assoluzione in sede penale ed esonero delle responsabilità in sede tributaria è stata ribaltata dalla Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 5564 del 2011, i Supremi giudici muovono da una chiave di lettura completamente differente rispetto al passato, sostenendo che il processo penale e quello tributario viaggiano su due binari paralleli, che non devono necessariamente incontrarsi. In diverse sentenze la Corte ha, infatti, specificato che il giudice tributario può essere libero di prendere e utilizzare elementi provenienti dal processo penale senza dover rispettare particolari regole.

Il presupposto è stato applicato al caso di specie, che riguarda un avviso di accertamento notificato ad un contribuente che aveva fatto ricorso, in quanto sosteneva che i maggiori tributi e le relative sanzioni si riferivano all’attività del padre defunto e che lui non ne doveva in alcun modo rispondere, avendo rifiutato l’eredità. Di fatto, da controlli effettuati dalla GdF, si è constatato che il contribuente aveva tacitamente accettato l’eredità paterna, con il conseguente passaggio di tutti i rapporti dal padre defunto al figlio. Di conseguenza la pronuncia di assoluzione di reato di evasione nei confronti del padre e dei figli, emessa quando il padre era ancora in vita, non poneva l’erede al riparo da un ulteriore eventuale controllo da parte del Fisco. Dunque, l’estinzione del procedimento penale a carico del padre conseguente alla sua morte, non mette al riparo il figlio da un eventuale accertamento tributario.
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