Secondo la Consulta, sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 187-sexies del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, e 9, comma 6, della Legge n. 62/2005 - Legge comunitaria 2004.
Le disposizioni in oggetto erano state sollevate dalla terza sezione della Corte di cassazione con sei ordinanze di analogo tenore, in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 7 della Cedu.
Gli articoli erano stati censurati nella parte in cui prevedono che la confisca per equivalente – disposta in caso di condanna per un illecito amministrativo previsto dalla parte V, titolo I-bis, del medesimo testo normativo, in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, ove non sia possibile confiscare il prodotto o il profitto dell’illecito e i beni utilizzati per commetterlo - si applichi anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della Legge n. 62/2005, che le ha depenalizzate.
Secondo la Corte costituzionale - si legge, tra gli altri motivi, nelle conclusioni della sentenza n. 68 del 7 aprile 2017 - la rimettente avrebbe formulato le questioni di legittimità costituzionale sulla base di una “considerazione parziale” della complessa vicenda normativa.
Sarebbe stato, infatti, omesso di tenere conto del fatto “che la natura penale, ai sensi dell’art. 7 della CEDU, del nuovo regime punitivo previsto per l’illecito amministrativo comporta un inquadramento della fattispecie nell’ambito della successione delle leggi nel tempo e demanda al rimettente il compito di verificare in concreto se il sopraggiunto trattamento sanzionatorio, assunto nel suo complesso e dunque comprensivo della confisca per equivalente, si renda, in quanto di maggior favore, applicabile al fatto pregresso, ovvero se esso in concreto denunci un carattere maggiormente afflittivo”.
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