La Corte di cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare intimato a un dipendente che, nella sua qualità di capo zona, aveva omesso i controlli di propria competenza presso i punti vendita della società, datrice di lavoro, e usato più volte il telepass aziendale per ragioni extralavorative.
Nello specifico, la Corte territoriale, a fronte dell'omessa impugnazione, da parte del lavoratore, del capo della sentenza di primo grado recante l'accertamento della sussistenza della mancanza relativa all'uso improprio/abuso del telepass - considerata tale da riflettere un'ammissione della mancanza stessa – aveva ritenuto fondate le deduzioni della società datrice in ordine al giudizio di proporzionalità tra infrazione contestata e sanzione irrogata nonché all'idoneità della specifica condotta a ledere il vincolo fiduciario e a integrare gli estremi della giusta causa di recesso.
Ciò in considerazione del ruolo di capo zona rivestito dal prestatore e delle modalità, autonome e non soggette a controllo, di esercizio dei suoi compiti.
Statuizione, questa, a cui si è conformata la Suprema corte, nel testo dell’ordinanza n 10540 del 3 giugno 2020, con cui ha respinto il ricorso promosso dal lavoratore.
In particolare, gli Ermellini hanno giudicato come immune da vizi logici e giuridici la verifica operata in sede di gravame, con particolare riferimento al rilievo del ruolo rivestito dall'interessato.
La condotta del dipendente aveva portato alla definitiva compromissione del vincolo fiduciario con il datore di lavoro e si era rivelata ostativa alla prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto lavorativo.
Era legittima, in definitiva, la conclusione cui era pervenuta la Corte territoriale circa la sussistenza della giusta causa di licenziamento, con esclusione di qualsiasi sanzione a carico del soggetto datore.
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