In tema di market abuse, non si ha violazione del principio del "ne bis in idem" qualora le sanzioni penali e amministrative complessivamente irrogate rispettino il principio di proporzionalità.
Spetta, inoltre, alla Corte di cassazione valutare la proporzionalità del cumulo sanzionatorio nel caso in cui non sia necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto.
La Corte di cassazione ha giudicato inammissibili i ricorsi sollevati da tre imputati contro la decisione con cui la Corte d’appello ne aveva confermato la responsabilità per il delitto di manipolazione del mercato.
I tre erano stati accusati di avere, in concorso tra loro e tramite una pluralità di proposte di negoziazione, operato su azioni di una Spa, sia in un periodo immediatamente successivo alla quotazione della medesima sul mercato sia in vista di un successivo aumento di capitale, in modo idoneo a sostenere il prezzo delle azioni ma anche ad alterare sensibilmente la quotazione del titolo.
La responsabilità concorsuale degli imputati – che erano, rispettivamente, l’amministratore delegato di una società controllante, suo fratello nonché socio e, l'ultimo, dipendente della società e persona legata da rapporto affettivo al presidente di entrambe le società - era stata ritenuta provata a causa della dimostrata quantità di azioni acquistate, in relazione a quelle complessivamente scambiate, alla continuità degli ordini e all’aggressività delle proposte di negoziazione.
Tra i vari motivi di doglianza sollevati dinanzi alla Corte di legittimità, gli imputati avevano lamentato la violazione del divieto del bis in idem di cui all’articolo 4 n. 7 del Protocollo della Cedu e la violazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
I ricorrenti avevano evidenziato, ossia, di essere stati puniti, per gli stessi fatti, in via amministrativa, con sanzioni irrogate ai sensi dell’articolo 187 ter e quater del TUF, nonché con sanzioni interdittive accessorie.
Le condotte illecite oggetto dei due procedimenti erano identiche, riferendosi in entrambi i casi all’ipotizzata manipolazione del mercato del prezzo delle azioni quotate; in particolare, il procedimento penale era iniziato e proseguito in base alla segnalazione Consob relativa agli accertamenti effettuati sulle predette operazioni.
La Cassazione, Quinta sezione penale, nel procedere con un’ampia disamina sia normativa sia della giurisprudenza interna e comunitaria in materia, ha statuito sulla vicenda in esame pronunciandosi con alcuni principi.
Così, con sentenza n. 45829 del 10 ottobre 2018, ha affermato che non sussiste la violazione del principio del ne bis in idem nel caso, come quello in esame, in cui le sanzioni, penale e amministrativa, complessivamente irrogate rispettino il principio di proporzionalità, e ciò alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia (causa C-524/15 e causa C-537/16) e della Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza del 15 novembre 2016, ric. nn. 24130/11 e 29758/11).
A seguire, ha anche affermato che, in tema di abusi di mercato, la valutazione della proporzionalità del cumulo sanzionatorio può essere operata dalla stessa Corte di cassazione qualora non sia necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto e facendo riferimento ai criteri di cui all’articolo 133 del Codice penale (ovvero pena commisurata alla gravità del fatto).
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