La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha condotto un’indagine sui dati INPS relativi agli utilizzatori dei voucher e, con un approfondimento, ha analizzato il quadro normativo attuale, che non vede valide alternative al lavoro occasionale, e gli effetti dell'abrogazione dei voucher su imprese e famiglie.
Dall’analisi emerge che il 63% degli utilizzatori dei voucher sono disoccupati, pensionati e lavoratori con una seconda occupazione, ovvero categorie che difficilmente potranno trovare valide alternative tra le tipologie di contratti attualmente vigenti.
L’abolizione integrale della disciplina ha effetti poco favorevoli proprio su quelle categorie di lavoratori che utilizzavano i voucher in maniera genuina per rispondere ad effettive esigenze di lavoro occasionale, saltuario e limitato nel tempo, le quali adesso rischiano di trovarsi senza valide soluzioni.
Anche per le imprese – sottolinea la Fondazione - attualmente non si registrano valide alternative che possano rispondere appieno alle esigenze di una prestazione di lavoro di natura occasionale.
Infatti, anche se il lavoro a chiamata è quello più simile alle esigenze cui rispondeva l’utilizzo dei voucher, si tratta comunque di un rapporto di lavoro subordinato con adempimenti, formalità e programmazione preventiva che comporta un aumento dei costi – rispetto al costo del singolo voucher – stimato tra 40% e il 60%.
Inoltre, l’attuale normativa esclude i soggetti che hanno compiuto 25 anni e fino ai 55 anni di età per cui finisce per penalizzare proprio la fascia di età di maggior interesse per il dato occupazionale.
Per concludere l’approfondimento del 10 aprile 2017 della Fondazioni Studi CdL evidenzia come per le famiglie che utilizzavano i voucher per le loro esigenze familiari (collaborazioni domestiche per le pulizia, piccoli lavori di manutenzione, artigianali, ecc), manca completamente uno strumento normativo per dare regolarità ai tanti rapporti che si avviano in ambito familiare.
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