Il trend degli ultimi anni manifesta nell’ambito del mercato del lavoro italiano una forte crescita del numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato. Per esempio, nel 2007 un addetto su due è stato reclutato con questa modalità, facendo così salire al 13,2% il numero degli assunti sul totale dei dipendenti. Lo scenario dovrebbe evolversi ulteriormente nei prossimi anni, considerando le novità normative introdotte, a tal proposito, dalla manovra d’estate (Dl 112/08) e dal maxiemendamento. Volendo fare un identikit del lavoratore a termine, emerge che al primo posto si trovano le donne, laureate, con meno di 30 anni. All’aumentare dell’età, invece, questo tipo di contratto si riduce, anche se nel 2007, l’occupazione flessibile è cresciuta soprattutto per gli over 35, mentre è rimasta stabile per i più giovani. Inoltre, il lavoro temporaneo è frequente tra gli occupati con titoli di studio elevati: oltre il 15% dei laureati e con formazione post-universitaria è assunto con contratto a tempo. Rispetto ai settori, si evidenzia che i lavoratori a termine sono impiegati soprattutto nell’agricoltura e nel settore alberghiero e della ristorazione; ma la formula è molto usata anche nell’istruzione, nella sanità, nei servizi sociali e nell’assistenza alle persone. A livello territoriale, il precariato è maggiormente concentrato nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord. Questo è il quadro che emerge dall’ultimo rapporto del Cnel sul mercato del lavoro.
Il contratto a tempo determinato è stato oggetto di molte sentenze della Corte di Cassazione; il monito più frequente arrivato dai giudici di legittimità è che il tempo determinato può essere utilizzato in alcuni casi per eludere l’applicazione del contratto a tempo indeterminato. Un esempio è arrivato dalla recente sentenza n. 9993/2008, che affronta il caso di un lavoratore a cui è stato prorogato il contratto a termine per ben dieci volte. I giudici si sono espressi circa l’inammissibilità di prorogare contratti a termine solo per consentire l’espletamento del servizio in periodi di punte stagionali di attività, ribadendo che affinché la proroga del contratto a termine sia legittima è necessario che le esigenze che la giustificano siano diverse da quelle poste inizialmente a sostegno del contratto.
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