La Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano condannato un cittadino francese per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
All'uomo era stato contestato di aver alienato, simulatamente o comunque in modo fraudolento, un immobile alla sua convivente, per un prezzo notevolmente inferiore a quello corrisposto per l'acquisto e a quello di successiva rivendita, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi, interessi e sanzioni amministrative per un ammontare superiore a 50mila euro, per come risultanti da un "verbale in contraddittorio", relativo a pregressi anni d’imposta in cui egli aveva vissuto in Italia.
Gli Ermellini hanno giudicato infondato il ricorso promosso dall’imputato, con cui quest’ultimo aveva contestato, tra gli altri motivi, la ritenuta configurabilità del reato di cui all'art. 11 del D.lgs. n. 74/2000, deducendo sia l'insussistenza del credito dell'Erario alla data dell'atto di alienazione dell'immobile, sia, comunque, l'omessa considerazione di plurimi elementi dai quali desumere che tale operazione fosse simulata o fraudolenta.
Con sentenza n. 10763 del 19 marzo 2021, in particolare, la Suprema corte ha fornito precisazioni sui rapporti tra Erario e contribuente che possono costituire presupposto per la configurabilità del reato in oggetto.
Ha sottolineato, così, come debba ritenersi sufficiente, quale presupposto della fattispecie di sottrazione fraudolenta, l'esistenza, al momento della condotta illecita, di un debito verso l'Amministrazione finanziaria, sebbene non ancora precisamente determinato, ed eventualmente nemmeno oggetto di procedure di accertamento, purché per un ammontare complessivo stimabile in una somma superiore a cinquantamila euro.
In riferimento, poi, alla nozione dei sintagmi “aliena simulatamente” e “compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”, contenuti nella disposizione di riferimento, la Corte ha rammentato la consolidata elaborazione giurisprudenziale secondo cui, ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, l'alienazione è "simulata", ossia finalizzata a creare una situazione giuridica apparente diversa da quella reale, quando il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte (simulazione relativa) alla effettiva volontà dei contraenti; nel caso in cui il trasferimento del bene sia effettivo, la relativa condotta può essere valutata quale possibile "atto fraudolento", idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero e a mettere a repentaglio o comunque ostacolare l'azione di recupero del bene da parte dell'Erario.
Il reato di cui all'art. 11 del D.lgs. n. 74 del 2000 – ha continuato la Cassazione - è configurabile anche se l'atto simulato o fraudolento sia compiuto, oltre che con il dolo specifico di sottrarsi al pagamento delle imposte, anche con altre finalità. La disposizione incriminatrice, infatti, non richiede che la finalità di sottrarsi al pagamento dei debiti tributari da essa indicati sia esclusiva.
Alla luce dei principi sopra richiamati, i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che le conclusioni della Corte d'appello fossero immuni da vizi.
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