L’Unico e le altre dichiarazioni dei redditi, che non sono atti negoziali o dispositivi, sono perciò emendabili e ritrattabili. Quando contengono errori, di fatto o di diritto, da cui possa derivare un onere gravoso più che quello dovuto ai sensi della legge attuale, il contribuente ha questa facoltà. Che gli viene, in questo caso, riconosciuta dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca, nella sentenza n. 119/1/09 (7 settembre).
Che le dichiarazioni dei redditi fossero “unicamente dichiarazioni di scienza” era stato già ampiamente sostenuto dalla giurisprudenza. Nella sentenza n. 3080, del 9 aprile 1997, è stato deciso che il rimborso di quanto versato sulla scorta della dichiarazione dei redditi potesse validamente fondarsi sulla deduzione di un errore di fatto o di diritto non percepibile dalla lettura della sola dichiarazione, ma dimostrabile mediante la prospettazione di circostanze ulteriori e diverse da quelle indicate a suo tempo nella dichiarazione medesima. Anche la pronuncia della Cassazione n. 8642, con data 12 agosto 1993, afferma che la dichiarazione dei redditi è una dichiarazione di scienza, che può essere rettificata dal contribuente con una successiva dichiarazione per la quale non è stabilito alcun termine di decadenza.
In questo senso, si potrebbe forse invocare il principio secondo cui "i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede" (articolo 10, comma 1 della Legge n. 212/2000), essendo conforme a buona fede non percepire somme non dovute, ancorché versate per errore dal presunto debitore.
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