di giustizia europea condanna l’Italia per la tassa sulle società, cioè la cosiddetta tassa di concessione governativa, dovuta per gli atti societari diversi dall’atto costitutivo, istituita dalla legge 448/98. ha, infatti, riconosciuto l’incompatibilità della tassa forfettaria con la direttiva europea n. 335 del 17 luglio 1969 e ha bocciato le modalità di calcolo degli interessi sui rimborsi previste dalla legge citata: per di giustizia, il tasso previsto – pari al 2,5% annuo – è nettamente meno favorevole rispetto ai tassi che sarebbero stati applicati per la restituzione di altri debiti tributari. E’ stata, invece, respinta la terza censura riguardante le modalità di rimborso della tassa di concessione riscossa attraverso titoli pubblici, in quanto non è stato provato che il rimborso sia meno favorevole per il contribuente. La controversia ha radici lontane: già in precedenza, – dopo la sentenza del 1993 che aveva portato alla riforma dell’imposta – aveva specificato che la tassa relativa ad anni per i quali non vi era stata iscrizione di alcun atto sociale, non potendo avere carattere remunerativo, era incompatibile con il diritto comunitario e poi che i versamenti 1985-1992 erano ammissibili solo nella misura in cui i costi del servizio fornito non fossero stati coperti, in tutto o in parte, dai diritti di cancelleria riscossi. Ora la tassa sulle società è arrivata alla sua censura definitiva. Questo nuovo pronunciamento (causa C-197/03) riapre la questione sulle tasse di concessione illegalmente riscosse nel periodo 1985-1992 in Italia e potrebbe prospettare per l’Erario un altro flusso di rimborsi a favore delle imprese che hanno pendenti numerosi contenziosi.
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