E’ stato depositato dinanzi alla Corte di Giustizia europea (protocollo C-132/06) il ricorso della Commissione Ue contro l’Italia sui provvedimenti di sanatoria varati con la legge Finanziaria 2003. Il deferimento è il risultato di un contraddittorio tra l’Esecutivo comunitario e il Governo italiano, accusato di aver infranto gli obblighi della sesta direttiva Ue, che prevede la tassazione di tutte le concessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate all’interno del Paese e obbliga gli Stati membri ad adottare le misure necessarie affinché i soggetti passivi assolvano i propri obblighi di dichiarazione e pagamento dell’Iva (art. 2 e 22, direttiva 77/388). accusa l’Italia di avere rinunciato all’attività di accertamento e riscossione in materia di Iva, in cambio di un pagamento forfettario di entità minima. L’accusa di inadempienza, indiscriminata e generalizzata, dell’Erario italiano in merito all’attività di accertamento – secondo Bruxelles - oltre ad andare ben oltre il margine di manovra concesso agli Stati membri nell’organizzazione della propria attività di riscossione, è di aver provocato gravi distorsioni anche dal punto di vista della concorrenza fra operatori di Paesi diversi. La decisione sulla legittimità o meno delle procedure di riscossione e dell’attività di controllo sulla liquidazione dell’imposta in base alle dichiarazioni Iva, passa ora alla Corte Ue, che dovrà stabilire chi ha ragione: in discussione vi è la “sorte” di un gettito stimato attorno ai 3,5 miliardi di euro.
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