Studi, Fisco lontano dalla Ue

Pubblicato il 02 marzo 2007

Nonostante l’uso sempre più frequente degli studi di settore, che molte volte vengono utilizzati anche solo per verificare determinati indici a cui è stato attribuito un particolare significato ai fini dei controlli fiscali, le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate ai quadri F e G risultano però carenti poichè sono rimaste quelle previste per la comunicazione dei parametri. In altri termini, le istruzioni attuali sono inadeguate rispetto alla complessità delle aggregazioni che si richiedono per avvalorare i campi dei due riquadri. Molte volte accade, infatti, che nella compilazione di un rigo vengano riportati dei dati che non dovrebbero essere aggregati proprio in quella posizione. Altre volte, invece, si elencano voci di costo o di ricavo che non trovano evidenza nel Piano dei conti CEE. Questo Piano non viene mai citato nelle istruzioni dell’Agenzia, mentre dovrebbe essere preso a base per ogni tipo di aggregazione dei dati contabili. Per tali ragioni, ogni contribuente è portato a interpretare a suo modo l’aggregazione, inviando al Ministero informazioni che questo poi elabora statisticamente, generando un modello matematico non coerente. Per ovviare a tale inconveniente si possono prospettare due soluzioni:

- chiedere al contribuente di inviare il bilancio in formato rigorosamente CEE, in modo che le strutture ministeriali possano estrarre i dati necessari secondo i criteri previsti;

- integrare le istruzioni agli studi di settore con una tabella che individua le voci di bilancio comunitario, indicando per ciascuna di esse il codice del rigo del quadro in cui il dato deve essere sistemato o aggregato.

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