Il Tar Lazio ha accolto ieri – sentenza 4259/2008 – il ricorso di Confedilizia su un discusso punto del Dpcm 14 giugno 2007 che, nel fissare il meccanismo concreto del passaggio delle funzioni catastali in attuazione della legge 296/2006 (Finanziaria 2007), aveva stabilito che gli operatori comunali potessero verificare, per anche rettificare, le rendite proposte dai professionisti, entrando nel merito dei classamenti, in piena autonomia rispetto agli uffici provinciali del Territorio.
Il decreto conteneva, in particolare, una disposizione ambigua: all’articolo 3, comma 2, lettera c), che elencava le funzioni dei Comuni che avrebbero fatto l’opzione più impegnativa, era indicata anche la “definizione dell’aggiornamento della banca dati catastale, sulla base delle proposte di parte, ovvero sulla base di adempimenti d’ufficio”. Questo doveva, allora, significare che i Comuni avrebbero agito solo per correggere errori materiali. Sennonché, Confedilizia vedeva una surrettizia estensione dei poteri fissati dalla legge fino a prevedere (articolo 1, comma 194, legge 296/06), nella parte relativa agli estimi, che i Comuni avrebbero partecipato alla determinazione degli estimi stessi, ferma la gestione unitaria dei flussi di aggiornamento da parte dello Stato. Ed ha avuto ragione della battaglia legale intrapresa, strappando al Tribunale regionale la conclusione di “erronea interpretazione operata nel provvedimento impugnato delle disposizioni della legge 296/2006”. Questo blocca di fatto il processo del passaggio delle funzioni catastali, bocciandone il decentramento.
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