La Cassazione interviene sulla questione, recentemente sollevata, delle rettifiche del valore dell’immobile da parte delle Entrate basate sulla stima effettuata “a tavolino” dai funzionari.
La Corte stabilisce che se il successivo sopralluogo rivela che l’abitazione è in uno stato di degrado, quindi smentisce la stima, l'Agenzia delle Entrate non può rettificare il valore dell’immobile.
Nella sentenza 12308 del 15 giugno 2016, che ha respinto il ricorso dell'Agenzia contro la sentenza d'appello, la Corte di cassazione spiega che ai fini dell’imposta di registro, il valore del bene va individuato alla data dell’atto e vanno considerate sia le condizioni in quel momento sia le potenziali utilizzazioni.
Si precisa, nella sentenza, che l’ufficio può legittimamente ricorrere tanto alla stima comparativa che al sopralluogo, ma: se il risultato del sopralluogo dà ragione al contribuente, l’Agenzia deve confermare il valore autonomamente dichiarato in atti dalle parti e non la stima comparativa eseguita precedentemente in ufficio.
Nel caso di specie, poi, le informazioni acquisite con il sopralluogo dimostravano lo stato di degrado del fabbricato e la scarsa possibilità di vendita.
Tali circostanze non potevano trascurarsi nemmeno alla luce della possibile futura potenzialità edificatoria:
l'elemento andava classificato come un nuovo criterio di stima e pertanto doveva essere contenuto già nel provvedimento notificato;
il maggior indice di edificabilità andava parametrato con un’integrale demolizione, che nella specie non era possibile atteso che si trattava di un bene sottoposto a tutela.
Alla stessa conclusione arriva la circolare 16/E/2016, che però non dice nulla quanto al pregresso: il valore venale dovrà essere determinato confrontando più elementi, come atti di immobili similari, il supporto dei funzionari-tecnici operanti nel settore catastale e anche accedendo presso l’immobile da verificare.
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