La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 20267 del 22 agosto 2017, nel respingere il ricorso di un contribuente che aveva ricevuto un accertamento misto (analitico-induttivo, basato sugli studi di settore e sulla protratta condotta antieconomica) per Iva, Irap e Irpef senza contraddittorio, ribadisce l'insussistenza in fase amministrativa di un obbligo generale di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, derivante dallo Statuto del contribuente (legge 212/2000).
Per i tributi armonizzati (tra cui l'Iva), l'Amministrazione finanziaria ha l'obbligo di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale se il contribuente ha assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non ha proposto un'opposizione meramente pretestuosa.
Nel caso di specie, il contribuente, che si è limitato a evidenziare solamente il leggero scostamento dagli studi di settore, avrebbe dovuto fornire prova contraria all'accusa di condotta antieconomica.
Infatti, si legge nell'ordinanza: “Sebbene nel caso di specie si controverta anche in materia di Iva... deve comunque considerarsi corretta la sentenza impugnata....posto che la difesa del contribuente si è incentrata meramente sulla non sufficienza dello scostamento dallo studio di settore, ma non ha negativamente riscontrato la vera, diversa, base giuridico fattuale dell'avviso di accertamento oggetto della lite, sicché non ne risulta la c.d. 'prova di resistenza', pur necessaria ai fini della obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale per quest'imposta”.
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