Se il contribuente rifiuta la conciliazione senza giustificato motivo paga le spese maturate dopo la proposta

Pubblicato il 02 aprile 2010 L’agenzia delle Entrate, con la copiosa circolare n. 17 del 31 marzo 2010, interviene a precisare le ricadute della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, in vigore dal 4 luglio 2009.

Tra le novità spicca quella in merito alla condanna alle spese del giudizio della parte vittoriosa: se il contribuente ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta di conciliazione giudiziale formulata, anche a seguito di tentativo di conciliazione esperito d'ufficio dal giudice, è condannato alle spese maturate dopo la formulazione della proposta (la richiesta dell’Ufficio di condanna alle spese sarà subordinata alla circostanza che la Commissione tributaria decida in senso conforme alla proposta di conciliazione, ovvero in termini ancora più favorevoli all'ufficio).

Alcune innovazioni:

- ridotto il termine "lungo" di impugnazione a sei mesi, pertanto, in assenza di notifica della sentenza stessa deve essere proposto l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione ordinaria entro sei e non più 12 mesi;

- superata la circolare n. 56/2007 con la previsione dell'estensione dell'ambito di applicazione dell'articolo 155 cpc anche ai procedimenti già pendenti il 1° marzo 2006, con riferimento ai termini ancora pendenti;

- nella motivazione della sentenza si impone l'esplicita indicazione delle "altre gravi ed eccezionali ragioni" che inducono a compensare le spese giudiziali, in sostituzione dei non più sufficienti "giusti motivi";

- anche nei gradi di merito, le parti possono depositare memorie scritte, se il giudice decide di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio riservandosi la decisione assegnando alle parti un termine non inferiore a 20 giorni e non superiore a 40, per il deposito di osservazioni;

- sono previste altre ipotesi di inammissibilità del ricorso per cassazione e l'abrogazione del quesito di diritto.
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