Con la sentenza n. 6870 del 2009, la Corte di cassazione ha precisato che, nel caso in cui venga respinta l'istanza con cui l'impresa chiede di poter usufruire dell'amministrazione controllata, scatta il fallimento anche a prescindere dal fatto che il richiedente non conosca le conseguenza del rigetto; in presenza delle condizioni richieste, infatti, la dichiarazione di fallimento è un atto dovuto. I giudici di legittimità, in particolare, hanno accolto, con rinvio, il ricorso presentato dal fallimento di una società contro la decisione dei giudici di appello che avevano ritenuto violato il diritto di difesa di una società in quanto questa era stata dichiarata fallita subito dopo l'audizione del legale rappresentante convocato per illustrare l'istanza di ammissione all'amministrazione controllata. Secondo la Corte, in particolare, il decreto di convocazione lasciava intendere che la situazione finanziaria del debitore sarebbe stata valutata non solo ai fini dell'amministrazione controllata ma anche per l'eventuale dichiarazione di fallimento; chi svolge attività imprenditoriale, si legge nella sentenza, non può non conoscere gli elementari principi di questa attività senza contare, poi, che, nel caso di specie, il legale rappresentante era stato accompagnato all'audizione da un commercialista e da un avvocato.
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