Con l'ordinanza n. 1543 del 22 gennaio 2018, la Cassazione interviene sul momento di decorrenza del termine prescrizionale per il diritto al rimborso del credito maturato (nel caso esaminato si trattava di un rimborso Irap).
I Supremi giudici danno ragione al contribuente: ex art. 21 proc. trib. e degli artt. 2946 e 2935 c.c., il termine prescrizionale decorre dal momento in cui il diritto al rimborso è esercitabile in giudizio, ovverosia una volta “scaduto” il termine di 90 giorni dall’istanza per la formazione di un silenzio-rifiuto (90 giorni più uno), a sua volta impugnabile con ricorso al giudice tributario.
Pertanto, dal computo dei termini deve essere escluso il giorno in cui è stato compiuto l’atto che ha prodotto l’effetto giuridico (silenzio rifiuto), che costituisce il punto temporale di riferimento.
Alla domanda di rimborso o restituzione del credito maturato dal contribuente si applica, in mancanza di una disciplina specifica posta dalla legislazione speciale in materia, la norma generale residuale che prevede il termine biennale di decadenza per la presentazione dell’istanza, che non esclude tuttavia, una volta maturato il silenzio-rifiuto, la decorrenza del termine decennale di prescrizione (ex art. 2946 c.c.).
Sul punto, il decorso della prescrizione - spiegano gli ermellini - comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) ed è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio-rifiuto (art. 21 proc. trib.), laddove la richiesta al fisco di un rimborso s’intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 90 giorni dalla data della sua presentazione, senza che l’ufficio si sia pronunciato.
Ciò deriva dal principio che i termini ad anno si computano secondo il calendario comune (art. 155 c.p.c.), cioè secondo il calendario gregoriano non ex numero sed ex numeratione dierum.
Dunque: il dies a quo va escluso dal calcolo e la scadenza si ha all’ultimo istante del giorno, mese ed anno corrispondente a quello in cui il fatto si e verificato.
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