La Corte di cassazione, con sentenza n. 1025 del 13 gennaio 2009, ha annullato il provvedimento con cui il Tribunale di Roma aveva disposto la scarcerazione di un direttore di filiale bancaria imputato di riciclaggio per aver posto in essere una serie di operazioni finanziarie finalizzate a rendere disponibili, in Italia, provviste di denaro provenienti dall'estero ed attribuibili alla mafia. Per il Tribunale, il riciclaggio non può avere genericamente per oggetto i proventi di un'attività mafiosa occorrendo che la provenienza del denaro venga tracciata e non semplicemente ipotizzata. Di diverso avviso i giudici di legittimità, secondo cui, dalla flessibilità dell'area dei reati presupposto al delitto di riciclaggio, resa necessaria dalla straordinaria mutabilità delle forme finanziarie ed economiche, deriva anche l'inclusione della associazione di tipo mafioso fra i reati da cui provengono capitali illeciti. Infine, spiega la Corte, il riciclaggio esiste anche se non vengono identificati tutti gli elementi identificativi del reato presupposto: proprio la mancata individuazione della traccia rappresenta un indizio della provenienza illecita del denaro.
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