Proseguire l'attività in forma associata non genera plusvalenza

Pubblicato il 24 maggio 2010

Trasformare lo studio professionale in associazione, apportando in quella associativa la propria singola realtà, è operazione poco delineata sui fronti civilistico e tributario.

Un doppio intervento interpretativo delle Entrate – circolare 8/E del 13 marzo 2009, con oggetto “Profili interpretativi emersi in occasione di incontri con la stampa specializzata”; risoluzione 177/E del 9 luglio 2009, con oggetto “Istanza di interpello - costituzione di un’associazione professionale – reddito di lavoro autonomo - art. 54 del TUIR.” – ha affermato e confermato che l’operazione di conferimento di studio in associazione professionale non genera plusvalenza purché (circolare 8/E, punto 1.3 Redditi di lavoro autonomo. Cessione della clientela) al momento dell’apporto il conferente non riceva denaro; nello statuto dell’associazione sia previsto che al momento del recesso l’esecutore dell’apporto non incassi alcuna liquidazione del valore dello studio. Questi riceverà l’unica somma consistente nella quota di utili di sua competenza maturata nell’esercizio del recesso. Ulteriore requisito (risoluzione 177/E/2009) è che i conferenti riscuotano una diversa quota di partecipazione agli utili in funzione del diverso valore dello studio apportato.

La dichiarazione dei redditi (Unico 2010) sarà dunque soft per i professionisti impegnati in questa operazione, la quale a quelle condizioni non genera plusvalenza:

“ (...) avuto riguardo al caso di specie, per il quale non è prevista alcuna remunerazione per l’apporto della clientela, né al momento dell’adesione all’associazione né al momento dell’eventuale recesso, si ritiene che non sussista materia imponibile da assoggettare a tassazione ai sensi del citato articolo 54, comma 1-quater, del TUIR.” (circolare 8/E/2009);

(...) la scrivente ritiene, conformemente al parere espresso dalla Direzione regionale, che l’apporto della clientela in occasione dell’ingresso in uno studio associato, senza corresponsione di compenso, configura un’operazione fiscalmente irrilevante in capo ai singolo associati, indipendentemente dalla circostanza che tale apporto rientri tra i parametri considerati per la fissazione delle quote di partecipazione agli utili.” (circolare 177/E/2009).

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