Prestazioni rese a titolo gratuito

Pubblicato il 01 febbraio 2017

Con uno studio sull'Accertamento delle prestazioni rese a titolo gratuito dal professionista, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti intende ripercorrere il quadro normativo di riferimento.

Accompagnate dall'esame della giurisprudenza, le “Considerazioni conclusive” dello studio del 31 gennaio 2017 offrono brevi considerazioni.

Anzitutto, l'accertamento induttivo teso a ricostruire i compensi del professionista e fondato esclusivamente sulla presunzione che le prestazioni gratuite nascondano compensi “in nero” non sembra potersi configurare come illegittimo.

Interpretazioni giurisprudenziali

Poi, la giurisprudenza sembra ritenere “plausibile” che un professionista effettui prestazioni a titolo gratuito nei confronti di parenti, amici o soggetti che già sono clienti (ad altro titolo), purché tali prestazioni siano in un rapporto di minoranza rispetto al totale delle prestazioni rese e che, inoltre, siano caratterizzate da “semplicità”. Il che tuttavia non implica necessariamente che, qualora il numero di prestazioni rese gratuitamente sia in un rapporto di maggioranza rispetto a quelle a titolo oneroso e/o che tali prestazioni siano, per lo più, “complesse”, il professionista debba essere necessariamente assoggettato a tassazione.

Prestazioni rese a privati

Particolarmente delicato è, però, il tema delle prestazioni rese dai professionisti nei confronti di soggetti privati, non tenuti ad obblighi di contabilità e/o di conservazione di documenti. Verso questi soggetti, oltre alla predisposizione di lettere di incarico professionale e/o dichiarazioni rese dagli stessi, il contribuente non è in grado, generalmente, di produrre ulteriore documentazione. In tali casi, comunque, il professionista potrà addurre la congruità e la coerenza rispetto agli studi di settore ed, eventualmente, produrre documentazione bancaria che possa rappresentare elemento (quantomeno indiziario) circa il fatto che nessun compenso sia stato mai incassato.

Le soluzioni ora prospettate non sono prive di incertezze e complicazioni pratiche. Si potrebbe, allora, riflettere - leggiamo nello studio del 31 gennaio 2017 - sul fatto che, quando un professionista effettua prestazioni a titolo gratuito, se, da un lato, non avrà particolari obblighi per i compensi dal punto di vista dell’IVA, delle imposte dirette e dell’IRAP, dall’altro, dovrebbe considerare l’indeducibilità e l’indetraibilità dei costi sostenuti. Il problema potrebbe essere superato determinando un pro-rata per le prestazioni rese a titolo di mera liberalità e, in quanto tali, non necessariamente inerenti; specularmente, al Fisco sarebbe consentito un migliore e più rapido riscontro nei confronti di tali soggetti.

Soluzione alternativa

In definitiva, operando secondo le descritte modalità, l’accertamento si sposterebbe dal punto di vista dei proventi presuntivamente incassati a quello dei costi oggettivamente indeducibili (sotto l'aspetto delle dirette e dell’IRAP) o indetraibili (sotto l'aspetto dell’IVA), così da render più certa ed obiettiva la tassazione dei professionisti che effettuino prestazioni a titolo gratuito. Ciò comporterebbe una piena rispondenza al principio di cassa delle modalità di determinazione del reddito e di accertamento, evitando, inoltre, che l’Amministrazione Finanziaria ricorra a “doppie presunzioni”.

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