Piani di risanamento, principi Cndcec per schivare il reato di falso

Pubblicato il 05 novembre 2014 “Un confronto mirato con gli Ordini territoriali e i colleghi, per recepire le loro esperienze sul campo”, è quanto chiesto dal presidente Cndcec, Longobardi, nel corso del convegno sui principi di attestazione dei piani di risanamento, svoltosi a Roma.

Diversi enti, tra cui la Fondazione nazionale dei commercialisti, hanno redatto tali principi che “possono essere degli standards da seguire e, nei casi patologici, potrebbero rappresentare una esimente della responsabilità”, conclude Longobardi.

Il lavoro che uscirebbe dal confronto con gli Ordini territoriali e i commercialisti che svolgono questa attività sul territorio porterebbe a stilare i principi di comportamento sul tema.

Si sottolinea, in tal senso, come il piano di risanamento sia un terreno minato per il professionista che lo redige, in quanto la responsabilità ex lege fallimentare, articolo 236 bis, dell'attestatore può portare “alla contestazione del reato di falso in attestazioni e relazioni nei casi in cui egli o esponga informazioni false o ometta di riferire informazioni rilevanti.

In proposito, si ricorda l’ordinanza del 16 luglio 2014 emessa dal Gip di Torino, una delle prime applicazioni del nuovo reato, in cui ad un dottore commercialista è stata inflitta la pena dell’interdizione dall’esercizio della professione (decisione irrevocabile e definitiva anche se il professionista è incensurato), poiché non aveva provveduto ad attestare con la massima diligenza il piano di concordato preventivo.
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