Con la sentenza del 27 maggio 2019, n. 14417, la Corte di Cassazione ha chiarito che per accedere alla pensione di anzianità è condizione necessaria cessare l’attività lavorativa all’atto d’invio della domanda.
In buona sostanza, il diritto alla pensione è subordinato non solo al raggiungimento del periodo di anzianità contributiva previsto dalla legge, ma anche all’effettiva cessazione dell’attività lavorativa da parte dell’interessato al momento della presentazione della domanda, fermo restando che la collaborazione potrà riprendere solo dopo l’erogazione effettiva della pensione.
Il caso affrontato nella sentenza ivi esaminata ha come protagonista un lavoratore la cui pensione è stata revocata dall’INPS, a causa del divieto di cumulo con i redditi da lavoro dipendente.
In particolare, sebbene in secondo grado di giudizio, la Corte d’Appello aveva ritenuto non necessario lo status di inoccupazione al momento della domanda per la pensione di anzianità, la Corte di Cassazione, a seguito della presentazione del ricorso da parte dell’INPS, ha ribaltato il verdetto, fondando la propria decisione sul principio che la prestazione non può essere erogata se non dopo la cessazione del rapporto di lavoro, che è un requisito indefettibile, prescritto dalla norma che ha introdotto, per l'appunto, la pensione di anzianità.
Segnatamente, in virtù del principio secondo cui “il regime di cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente e della pensione di anzianità non esclude che quest’ultima possa essere erogata solo se al momento della presentazione della relativa domanda il rapporto di lavoro dipendente sia effettivamente cessato”, la Corte di Cassazione ha sottolineato che il conseguimento del diritto alla pensione è subordinato alla cessazione di qualsiasi rapporto di lavoro, anche diverso da quello in riferimento al quale sono stati versati i contributi alla gestione deputata a erogare la prestazione.
Sempre sul punto, si legge nel testo della sentenza che vi è la necessità di un intervallo di tempo tra l’ottenimento e quindi l’erogazione della pensione e l’attivazione di un’attività lavorativa, al fine di evitare che la percezione della pensione avvenga contemporaneamente alla prestazione dell’attività lavorativa subordinata.
Di conseguenza, qualora tale nuova attività lavorativa successiva al pensionamento intercorra con il medesimo datore di lavoro e alle medesime condizioni di quelle proprie del rapporto precedente a tale evento, secondo la Corte, vi sono gli estremi per configurare una presunzione di simulazione dell’effettiva risoluzione del rapporto di lavoro al momento del pensionamento.
NB! La pronuncia della Corte di Cassazione si basa sulle seguenti norme di legge: in primo luogo, sull’art. 22 della legge del 30 aprile 1969, n. 153, che indica come condizione ai fini dell’ottenimento della pensione quella di non prestare “attività lavorativa subordinata alla data della presentazione della domanda di pensione”; in secondo luogo, sull’art. 10 del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 503, che allo stesso modo subordina il conseguimento delle pensioni di anzianità e delle pensioni di vecchiaia alla risoluzione del rapporto di lavoro. |
Innanzitutto è bene precisare che al raggiungimento dell’età pensionabile il rapporto non cessa automaticamente ma in forza di un atto del datore di lavoro o di dimissioni.
Conseguentemente, o il datore di lavoro procede con un atto di recesso dal rapporto di lavoro, oppure il lavoratore è tenuto a presentare le dimissioni, rispettando in questo caso il periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo applicato, a seconda del livello e dell’anzianità aziendale, così da garantire all’azienda di avere il tempo necessario per riorganizzare l’attività produttiva o individuare un sostituto.
Ad ogni modo, l’azienda può dispensare il dimissionario dal periodo di preavviso ed erogare l’indennità sostitutiva pari alla retribuzione che gli sarebbe spettata se avesse lavorato fino all’ultimo giorno (compresi i ratei delle mensilità aggiuntive e la copertura ai fini previdenziali dei giorni non lavorati).
Da ultimo, si precisa che, in caso di dimissioni da parte dei dipendenti a tempo determinato, non è richiesto il preavviso all’azienda, dal momento che, fino alla scadenza naturale, il lavoratore può dimettersi soltanto per giusta causa.
Pertanto, in virtù di quanto sopra, le dimissioni prive di giusta causa costituiscono un’inosservanza del contratto di lavoro, che consentirebbe al datore di chiedere al lavoratore un risarcimento del danno.
NB! Il dipendente che intende dimettersi per pensionamento deve attenersi alla stessa procedura prevista per le dimissioni ordinarie, ovvero, presentandole in via telematica, compilando un apposito modulo sul portale www.cliclavoro.gov.it. Tale adempimento può essere compiuto in autonomia se in possesso di PIN dispositivo o credenziali SPID, oppure, per il tramite di intermediari abilitati come patronati, consulenti del lavoro, sindacati, enti bilaterali, commissioni di certificazione e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. In dettaglio, nel compilare il modulo, il dipendente dovrà:
Una volta completo, il modulo verrà trasmesso all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente e all’azienda (via Pec). Le dimissioni comunicate in ogni altra forma che non sia quella sopra citata sono inefficaci. |
Come sopra illustrato, e come spiegato a chiare lettere dalla Corte di Cassazione, per accedere al pensionamento il richiedente deve dimettersi da ogni rapporto di lavoro, ad esclusione di quelli di lavoro autonomo o parasubordinati.
Successivamente, qualora le parti intendano proseguire nella loro collaborazione, prima di riassumere il pensionato sarà necessario attendere la liquidazione della prima mensilità di pensione, poiché la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianità sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro dipendente o autonomo.
NB! Il modulo telematico di dimissioni e la comunicazione Unilav di cessazione del rapporto non hanno valore di richiesta del trattamento pensionistico. Si tratta, infatti di due atti separati: la domanda di pensione infatti deve essere inoltrata direttamente all’INPS. |
QUADRO NORMATIVO Legge n. 153 del 30 aprile 1969 |
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