Anche gli enti del Terzo settore, dotati di personalità giuridica ed iscritti nel registro delle imprese, possono costituire patrimoni destinati ad uno specifico affare, ai sensi dell'articolo 2447-bis e seguenti del Codice civile.
E' quanto espressamente previsto dall'art. 10 del D. Lgs. n. 117/2017.
La costituzione di questi patrimoni è il tema di un apposito studio del Notariato, n. 102-2018/I, approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 19 aprile 2018 e pubblicato di recente sul sito del Consiglio Nazionale del Notariato.
Nell'elaborato, viene evidenziato come la nuova disposizione estenda la disciplina codicistica dei patrimoni destinati ad uno specifico affare ad enti qualificabili come "del terzo settore" alla duplice condizione che questi siano iscritti nel registro delle imprese e che siano dotati di personalità giuridica.
Così, da una parte, sono esclusi dalla possibilità di costituzione di questi patrimoni, sul piano soggettivo, le associazioni non riconosciute, le fondazioni in attesa di riconoscimento e le società di tipo diverso da quello capitalistico o cooperativo, in quanto difettano di personalità giuridica.
Dall'altra, viene ampliato il novero dei soggetti che vi possono ricorrere, potendovi rientrare non solo le Spa, ma anche le Srl, le cooperative e tutti quegli enti che, dotati di personalità giuridica, esercitino la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale.
A seguire, lo studio si occupa anche di quanto sancito dall'articolo 4, comma 3 del richiamato Decreto.
Si tratta della disposizione riferita agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato; orbene, rispetto a tale ipotesi lo studio evidenzia come, per ragioni di ordine sistematico, deve escludersi la riconducibilità del patrimonio destinato alla disciplina degli artt. 2447-bis e ss., c.c.
Con riferimento a questi enti – precisa l'autore - non sembrano ricorrere quegli elementi di sistema che permettono l’applicazione dell'istituto del patrimonio destinato di cui all'articolo 2447-bis citato.
Difatti, anche se il presupposto è che detti enti ecclesiastici siano civilmente riconosciuti, “manca un sistema di pubblicità in grado di garantire adeguatamente la piena opponibilità ai terzi della separazione patrimoniale”.
In detto contesto, risulta maggiormente coerente ragionare in termini di destinazione “ma con caratteristiche diverse da quelle tipiche dei patrimoni destinati di cui al Titolo V, c.c.”.
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