Ancora un volta, anzi tre volte, è dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata da diversi giudici tributari in merito agli accertamenti resi senza il contraddittorio preventivo (in ambito di contributi non armonizzati).
La Corte costituzionale, con le ordinanze n. 187, 188 e 189 depositate il 13 luglio 2017, reputa la questione manifestamente inammissibile.
L'obbligo del contraddittorio è “costretto” dal diritto nazionale: il contraddittorio preventivo è previsto espressamente da legge - L. 212/2000 - solo per determinati casi, ad esempio per gli accessi degli uffici presso la sede dell’attività del contribuente o per gli accertamenti fondati sull’abuso del diritto.
Ciò contrasta con la giurisprudenza comunitaria, che prevede per ogni cittadino il diritto di essere ascoltato prima che sia emesso un atto che incida sul suo patrimonio. Il nodo sta nel fatto che non si tratta di contributi armonizzati, come invece l'Iva per cui vale l'obbligo.
L'inammissibilità non attiene il merito della questione, ma aspetti procedurali circa le modalità attraverso cui i giudici tributari hanno ritenuto di rimettere la questione alla Consulta, che motiva:
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