Non sempre il Dna basta a “disconoscere” il figlio

Pubblicato il 10 novembre 2008
Con la sentenza n. 25623 del 2008, la Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un padre per far dichiarare che le bambine nate in costanza di matrimonio non erano sue figli legittime. La difesa del ricorrente aveva precisato che, in base alla decisione della Corte Costituzionale n. 266/2006, secondo cui nell'azione di disconoscimento la prova del tradimento non è più necessaria per essere ammessi al test del Dna, gli artt. 235 e 244 c.c. dovevano essere interpretati nel senso che l'azione può essere promossa dal marito entro un anno da quando ha conoscenza certa e scientifica dell'incompatibilità genetica. Di diverso avviso i giudici di legittimità, i quali hanno precisato come il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento decorre, in caso di adulterio, dal giorno della scoperta di questo, se successiva alla nascita. Una diversa interpretazione differirebbe a tempo indeterminato l'azione di disconoscimento sacrificando, in misura irragionevole, i valori di certezza e stabilità degli status e dei rapporti familiari.
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