La riforma del volontariato, all’esame in Parlamento, è chiamata a ridefinire la linea di confine tra le prestazioni a carattere gratuito e quelle inquadrabili in maniera diversa, o configurabili come rapporti di lavoro. La necessità di fare ordine deriva proprio dalla crescita esponenziale del settore del non profit, nel quale le realtà più grandi e strutturate hanno ormai forme organizzative complesse, ben diversa da quelle delle piccole associazioni. Una problematica, questa, che presenta anche importanti risvolti fiscali. Tra i cardini della riforma un più agevole riconoscimento della personalità giuridica per evitare la moltiplicazione di organismi non adeguati e privi di un’adeguata consistenza patrimoniale e, dunque, già all’origine impossibilitati a realizzare lo scopo prefissato. Il problema di valutare l’adeguatezza del patrimonio delle fondazioni emerge, quindi, in tutta la sua importanza e chiama direttamente in causa il possibile coinvolgimento di categorie professionali qualificate, come quella dei commercialisti.
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