La manovra d’estate (dl 78/2009, articolo 2, rubricato “Contenimento del costo delle commissioni bancarie”) corregge il regime delle commissioni di massimo scoperto, imponendo un limite alle commissioni che le banche praticano alla clientela per la messa a disposizione di fondi. Il Governo non ha, quindi, cancellato la commissione, ma ha appunto posto un limite. Nell'ultima versione del testo viene, infatti, deciso che “allo scopo di accelerare e rendere effettivi i benefici derivanti dal divieto della commissione di massimo scoperto (...) l'ammontare del corrispettivo omnicomprensivo (...) non può comunque superare lo 0,5 per cento, per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a pena di nullità del patto di remunerazione”. L’orientamento iniziale prevedeva, invece, la “nullità” di ogni eventuale clausola con lo stesso scopo o finalità della commissione di massimo scoperto.
Questo è un vantaggio per gli istituti di credito, al quale si aggiunge un secondo beneficio: l'entrata in vigore delle nuove norme sul massimo scoperto non è contestuale all'emanazione del decreto legge, ma è rinviata al momento della conversione in legge. Il che si traduce, per le banche, in due mesi di tempo in più per adeguarsi.
Con il tetto allo 0,5% (che sarà vigente dal giorno di entrata in vigore della legge di conversione) vengono così calmierate le spese caricate dalle banche sui clienti (privati o imprese) che chiedono un affidamento e, durante il periodo considerato, lo utilizzano nei limiti stabiliti dal contratto.
Anche gli emendamenti al decreto, presentati in questi giorni alla Camera dei deputati, confermano le tutele introdotte per i risparmiatori.
Alessia Lupoi
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