La possibilità di presentare proposte di concordato preventivo concorrenti da parte dei creditori è una novità introdotta con il D.L. 27 Giugno 2015 n. 83, convertito con modificazioni nella legge 6 Agosto 2015 n. 132.
Si tratta di istituto che costituisce una novità di rilevante impatto sistematico, di incerta utilizzazione pratica, ma di sicura utilità nel garantire un corretto contemperamento di interessi tra debitore e creditori nella regolamentazione concordataria della crisi d’impresa. L’impatto sistematico è rilevante, nella misura in cui rompe anche nel concordato preventivo il monopolio del debitore nella legittimazione alla presentazione di una proposta da sottoporre all’approvazione dei creditori ed all’omologazione del tribunale. Monopolio che viene incrinato e limitato, ma non del tutto superato, perché il debitore rimane comunque l’unico soggetto legittimato a decidere se fare ricorso o meno alla procedura di concordato preventivo, depositando la domanda introduttiva.
Il presupposto soggettivo è individuato dall’art. 163, comma 4, l.fall., a norma del quale uno o più creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato, rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’art. 161, comma 2, lett. a), possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori.
Ai fini del presupposto soggettivo deve tenersi conto anche della previsione inserita nell’art. 165, comma 2, l.fall., secondo cui il commissario giudiziale fornisce ai creditori che ne fanno richiesta le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, ma con la precisazione che “in ogni caso si applica il divieto di cui all’art. 124, comma primo, ultimo periodo”. Dal combinato disposto dell’art. 165, comma 2, l.fall. e dell’art. 124, comma 1, ultimo periodo, l.fall. pare doversi desumere che sono escluse dalla legittimazione alla presentazione di proposte di concordato preventivo concorrenti le società cui il debitore partecipi o le società sottoposte a comune controllo e, in senso ampio, i soggetti comunque correlati al debitore. Si tratta di una limitazione condivisibile, che evita la presentazione di proposte concorrenti “civetta” da parte di soggetti legati al debitore, avanzate al solo fine di confondere i creditori, contrastare proposte concorrenti di terzi o superare eventuali vizi o profili di inammissibilità cui potrebbe incorrere la proposta originaria del debitore.
La ratio della limitazione della legittimazione ai soli creditori “qualificati” rappresentanti il dieci per cento dei crediti complessivi è chiara, essendo espressione del timore del legislatore che la proposta concorrente venga avanzata da concorrenti del debitore, interessati a rilevare i complessi aziendali o, comunque, ad eliminare dal mercato un proprio competitore, oppure da soggetti “disturbatori”, in- teressati unicamente a conseguire indebiti vantaggi personali dal debitore sotto la minaccia della pre- sentazione di proposte concorrenti. A fronte di tali potenziali rischi, la limitazione della legittimazione serve a funzionalizzare l’istituto alla effettiva soddisfazione dell’interesse della massa dei creditori, at- tribuendo un ruolo solo a coloro che, essendo creditori con posizioni rilevanti, patiscono maggior- mente gli effetti della crisi del debitore. L’estensione della legittimazione anche ai creditori “soprav- venuti”, intesi come creditori divenuti tali per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda, consente altresì l’intervento di operatori finanziari specializzati nella definizione della crisi d’impresa, i quali saranno interessati a rilevare crediti proprio al fine di potersi legittimare rispetto al- la presentazione di proposte concorrenti; in tal modo, l’istituto contribuisce alla creazione e, comun- que, alla maturazione anche nel nostro contesto economico di un effettivo mercato dei crediti dete- riorati verso imprese in procedura concordataria, potendo tali posizioni creditorie essere appetibili proprio agli operatori specializzati interessati alla presentazione di proposte concorrenti .Identificate le ragioni sottostanti alla previsione del presupposto soggettivo, restano i problemi applicativi, rispetto ai quali il testo offre solo parziale soluzione, soprattutto in ragione del mancato o imperfetto coordinamento con altre norme. Il principale profilo problematico attiene al computo della percentuale, cui il legislatore dedica due norme, precisando che il dieci per cento dei crediti è quello risultante “dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’articolo 161, secondo comma, lettera a)”, e che, ai fini del computo, non si considerano i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo. Appare singolare e probabilmente frutto di una svista legislativa il richiamo alla “situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’articolo 161, secondo comma, lettera a)”, atteso che il documento destinato nel concordato preventivo ad accertare ammontare e rango dei crediti, sia pure ai soli ed esclusivi fini della votazione, è “l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione” depositato ai sensi dell’art. 161, comma 2, lett. c). Mentre la situazione patrimoniale di cui alla lett. a) contiene una indicazione solo sintetica dell’ammontare dei debiti (e, quindi, dei creditori) dell’impresa, l’elenco di cui alla lett. c) contiene una elencazione analitica e nominativa di ciascun creditore. A conferma del ruolo primario rivestito dall’elenco nominativo dei creditori di cui alla lettera c) ai fini del calcolo dei crediti e dei rispettivi importi, l’art. 171, comma 1, l.fall. stabilisce che il “commissario giudiziale deve procedere alla verifica dell’elenco dei creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili presentate a norma dell’art. 161, apportando le ne- cessarie verifiche”. È proprio questo elenco nomi- nativo dei creditori, predisposto dal debitore, verificato ed eventualmente emendato dal commissario giudiziale, ad essere poi sottoposto al giudice delegato, assumendo la veste definitiva, ai fini del cal- colo delle maggioranze, sulla base dei provvedimenti di ammissione o di esclusione adottati dal giudice delegato nel corso dell’adunanza ex art. 176 l.fall. . È da ritenersi, pertanto, che, in caso di difformità tra le risultanze della situazione patrimoniale di cui all’art. 160, comma 2, lett. a), l.fall. e dell’elenco nominativo dei creditori di cui all’art. 160, comma 2, lett. c), l.fall., debba darsi prevalenza a quest’ultimo.
Le indicazioni in ordine all’ammontare complessivo ed alla composizione analitica dei crediti conte- nute sia nella situazione patrimoniale di cui alla lett. a), sia nell’elenco di cui alla lett. c) del comma 2 dell’art. 160 l.fall. sono comunque di provenienza unilaterale, essendo predisposte dal debitore, e provvisorie, essendo soggette alla verifica del commissario giudiziale, alla possibile contestazione dei creditori ed al controllo del giudice delegato in sede di adunanza, oltre a poter costituire motivo di opposizione all’omologazione nei casi previsti dal comma 2 dell’art. 176 l.fall.
Le esigenze di controllo e di garanzia della regolarità dell’intera procedura concordataria, nel cui ambito si inserisce anche la proposta concorrente, impongono, quindi, l’attribuzione agli organi della procedura di un compiuto potere-dovere di accertamento della correttezza e completezza del suddetto elenco, ai fini della verifica della sussistenza del presupposto soggettivo dell’ammontare del dieci per cento. Questa valutazione, che dovrà essere operata dal Tribunale in sede di delibazione di ammissibilità della proposta concorrente, potrà condurre a riconoscere il raggiungimento della percentuale minima di legittimazione in capo al proponente anche laddove lo stesso ne sembri privo in forza delle risultanze della situazione patrimoniale e dell’elenco dei creditori predisposto dal debitore, o, al contrario, potrà anche condurre a negare la legittimazione al creditore-proponente.
Il presupposto oggettivo, invece, è individuato dall’art. 163, comma 4, l.fall., a norma del quale “le proposte di concordato concorrenti non sono ammissibili se nella relazione di cui all’articolo 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis, di almeno il trenta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari”.
L’introduzione di questa condizione di ammissibilità delle proposte concorrenti, legata alla misura di soddisfacimento dei creditori, evidenzia la funzione di moral suasion attribuita all’istituto, funzionale a sanzionare proposte di concordato eccessivamente punitive per i creditori. Allo stesso tempo il presupposto oggettivo contribuisce ad allontanare i dubbi di potenziale illegittimità costituzionale. Condivisibile appare anche la previsione di soglie differenziate tra concordati liquidatori e concordati con continuità, che si pone in coerenza con la progressiva divaricazione di disciplina applicabile e con l’accentuarsi di un atteggiamento di favor per i concordati con continuità e di disvalore per i concordati liquidatori. D’altra parte, il rischio, certamente presente, che la proposta concorrente venga presentata da un competitore del debitore, al fine di sottrargli l’azienda o di eliminarlo dal mercato, è ben più alto nel caso di concordato con continuità piuttosto che in quelli liquidatori, così da giustificare una di- sciplina delle proposte concorrenti più restrittiva nel primo caso.
Diverse sono le problematiche applicative legate al presupposto oggettivo.
 In primo luogo, si pone il profilo del potere degli organi della procedura di accertare la sussistenza del presupposto oggettivo ai fini dell’ammissibilità delle proposte concorrenti. La norma attribuisce all’asseveratore anche una funzione di “certificazione” della percentuale di pagamento minima offerta nella proposta del debitore e sembra limitare il controllo degli organi della procedura ad una mera verifica matematica del raggiungimento o meno della soglia minima per come attestata dall’asseveratore. Non sembra, tuttavia, che il controllo del Tribunale sul punto possa essere del tutto pretermesso o limitato alla sola verifica dei requisiti minimi della relazione di asseverazione da compiersi in sede di ammissione. Corretta è, pertanto, l’osservazione di chi ha sostenuto che, laddove il commissario nella prima relazione ex art. 172 l.fall. ritenga non fattibile il raggiungimento della soglia minima, risulterebbe integrato il presupposto oggettivo ed il Tribunale potrebbe ammettere le proposte concorrenti.
In secondo luogo, si pone il tema della verifica della sussistenza del presupposto oggettivo quando la proposta di concordato del debitore preveda modalità di soddisfacimento diverse dal pagamento in danaro (es. datio in solutum o accollo). È un problema non nuovo (si è già presentato, ad esempio, in tema di rispetto dell’ordine delle cause di prelazione nel caso di soddisfacimento con modalità diver- se dal pagamento in danaro) e non peculiare all’ambito delle proposte concorrenti, ponendosi già a monte nella valutazione di ammissibilità di proposte di concordato liquidatorie per rispetto della percentuale minima del pagamento del venti per cento.
La lettera della norma, che fa riferimento esclusivo e specifico al “pagamento”, senza alcun richiamo ad altre forme di soddisfacimento, sembrerebbe deporre nel senso che, nel caso di previsione di sod- disfacimento in modo diverso dal pagamento in danaro, il presupposto oggettivo sarebbe automatica- mente integrato e le proposte concorrenti ammissibili (sotto questo profilo), mancando un pagamento nella misura prescritta; questa soluzione, peraltro, sembrerebbe coerente anche con la novellata previsione dell’art. 160, ultimo comma, l.fall., che fa parimenti riferimento specifico al “pagamento” nella misura minima del venti per cento quale condizione di ammissione dei concordati liquidatori. Non pare, tuttavia, che, quantomeno con riferimento al profilo specifico dell’ammissibilità delle proposte concorrenti, il dato letterale possa essere dirimente, perché non sarebbe comunque diretta- mente applicabile ai concordati con continuità, dove, in mancanza di una norma come quella ri- chiamata dell’art. 160 l.fall., le modalità di soddisfacimento alternative godono di pari dignità con il pagamento in danaro. D’altra parte, la chiara volontà legislativa, da un lato, di agevolare i concordati con continuità anche attraverso la previsione di modalità di soddisfacimento dei crediti diversi dal pagamento, e, dall’altro lato, di limitare la possibilità di presentazione di proposte di concordato concorrenti proprio nei concordati con continuità, rende difficilmente sostenibile una tesi che ammetta senza limiti le proposte concorrenti nei concordati con continuità con previsione di soddisfacimento dei creditori (o anche di una sola classe) con modalità alternative al pagamento.
Pertanto, delle due l’una: o si rigetta la tesi, basata sull’interpretazione letterale, che ritiene integrato comunque il presupposto oggettivo di ammissibilità delle proposte concorrenti ogni qualvolta sia prevista una modalità di soddisfacimento diversa dal pagamento, oppure si opera, anche sotto questo profilo, una distinzione tra concordati liquidatori e concordati con continuità, limitando la soluzione basata sulla lettera della norma ai soli concordati liquidatori. Per quanto ambedue le conclusioni siano astrattamente sostenibili, pare comunque da preferire una soluzione omogenea per ambedue le tipo- logie di concordato. La soluzione preferibile diventa così quella di compromesso, che rimette agli organi della procedura, in sede di delibazione di ammissibilità della proposta concorrente, il compito, certo non facile e non oggettivo, di procedere ad una “conversione” teorica della modalità di soddisfacimento in una possibile percentuale di pagamento, onde valutare per questa via se è raggiunta o meno la soglia minima che impedisce l’apertura alle proposte concorrenti.
Infine, ulteriore profilo problematico attiene al rapporto tra percentuale minima di pagamento e possibile suddivisione in classi dei creditori, dovendosi verificare se la percentuale vada calcolata come media nel pagamento offerto ai creditori delle diverse classi oppure come limite minimo da rispettare per ogni classe. La risposta corretta è la seconda, nel senso che la soglia minima deve essere assicurata a tutti i creditori, non rivenendosi alcun supporto letterale o sistematico che consenta di ancorare la percentuale minima ad una media, piuttosto che ai singoli creditori.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".