L’Irap riguarda lo svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, ne è soggetto passivo anche l'imprenditore familiare, mentre non lo sono i familiari collaboratori.
La collaborazione dei partecipanti integra quel ‘quid pluris’ dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore.
Così la Cassazione, con l'ordinanza n. 15217 del 4 giugno 2019, che accoglie il ricorso dell'Agenzia delle entrate.
Nel caso di specie - la moglie faceva da segretaria al coniuge agente di commercio - l’Irap versata, per la quale il lavoratore autonomo chiedeva il rimborso, riguardava il reddito di pertinenza del titolare dell’impresa familiare e non quello attribuito al collaboratore. In tal caso l’Imposta regionale sulle attività produttive è dovuta.
Afferendo l’Irap, spiega la Corte, allo "svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, ne è soggetto passivo anche l'imprenditore familiare (stante il valore esemplificativo dell'elencazione delle figure nell'art. 3 del dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446), mentre non lo sono i familiari collaboratori - cui viene imputato, a determinate condizioni e proporzionalmente alla rispettive quote di partecipazione, il reddito derivante dall'impresa familiare - colpendo tale imposta il valore della produzione netta dell'impresa ed integrando la collaborazione dei partecipanti quel ‘quid pluris’ dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare".
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