Riferivamo ieri che la decisione 4306/2010, presa dalla corte di Cassazione qualche giorno fa, ha fissato il principio di diritto secondo cui in una controversia su frodi carosello, benché in presenza di una contabilità formalmente corretta e di conti bancari in ordine, il giudice tributario abbia potere di procedere in via induttiva se gli elementi che provengono da corrette verifiche della Guardia di finanza (i cui verbali contengono intercettazioni telefoniche disposte in sede penale e da tale sede assunte), indicano l’insistere di una organizzazione fraudolenta.
Deriva dalla lettura della sentenza che le restrizioni alle intercettazioni telefoniche poste dal nostro Legislatore in materia penale non si estendono anche al campo tributario, le cui regole consentono l’acquisizione di ogni dato che, ottenuto legittimamente dalle forze di polizia a supporto dell’accertamento, il giudice può ben acquisire a titolo di prova.
Oggi si definiscono i riflessi della pronuncia, che sancisce un precedente ampiamente sfruttabile nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria. La rivoluzione in dottrina viene dalla possibilità, legittimata dalla nuova logica favorita dalla Suprema corte in questa occasione, di far confluire nel procedimento tributario le informazioni acquisite, direttamente o per il tramite di altre forze di polizia, secondo modalità e poteri mai finora ottenibili ai fini fiscali.
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