L’assegno del coniuge prova l’attività d’impresa

Pubblicato il 04 maggio 2007

E’ sufficiente che dai conti bancari della moglie risultino versamenti sospetti – nel caso di specie a fronte di assegni, quindi di provenienza più facile da individuare – per ritenere i redditi  riferibili a “un’arte o professione” mai dichiarata. La sentenza di Cassazione 9570 del 28 aprile non perdona che il contribuente faccia percepire alla coniuge assegni emessi dall’azienda presso cui egli lavora in qualità di dipendente. Essi possono essere la prova di un’attività d’impresa mai dichiarata.

Afferma che “l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa; infatti, se non viene contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione) sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, essendo onere del contribuente dimostrare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti”. 

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