Da alcuni anni a questa parte lo strumento degli studi di settore – con cui il Fisco misura e gestisce ricavi e compensi di imprese e professionisti – è al centro delle strategie di recupero di imposte e contributi. Per tali ragioni la lotta all’evasione non può fare a meno di un continuo potenziamento degli studi stessi. Anche nell’ultima Finanziaria, infatti, è stato posto l’accento sugli studi di settore, prendendo a base della nuova “programmazione fiscale” la platea dei soggetti che si sono adeguati ad essi. Tuttavia, resta il fatto che tanta attenzione allo strumento statistico-matematico non è stata, però, accompagnata da studi volti ad indagare la reale efficacia di questi strumenti nel contrasto all’evasione o nel mantenimento della base imponibile. Da qui, l’intervento anche della Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza 19 maggio 2006 n. 428/1/06, in cui i giudici oltre a bocciare i parametri se non accompagnati da ulteriori elementi probatori, ritengono che anche gli studi di settore sono inidonei da soli a garantire presunzioni di maggior reddito gravi, precise e concordanti (articolo .c.). La vicenda prende spunto da un contribuente che si era visto rettificare la dichiarazione per il 1998 sulla base dei parametri. arriva a formulare la sua conclusione anche in base a una precedente affermazione delle Entrate contenuta nella circolare 12 del 23 maggio 2003.
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