Il “contrasto di interessi” viene comunemente considerato come un fattore determinante per condurre con efficacia la lotta all’evasione fiscale, in quanto vanta una serie di pregi: è semplice; è ispirato a una “logica di mercato”; potrebbe fornire al compratore un’arma per rafforzare il suo potere di mercato nei confronti del venditore consentendo qualche redistribuzione dei “vantaggi” dell’evasione. La logica che sottende a questo strumento è che esso consente ai contribuenti di ottenere una detrazione o una deduzione fiscale per gli acquisti “documentati” di beni e servizi. Da qui l’opinione diffusa secondo cui tale meccanismo, se applicato correttamente, potrebbe consentire di ridurre il tasso di evasione nel settore del commercio, dell’artigianato e del lavoro autonomo. Il meccanismo in questione funziona basandosi proprio su una contrapposizione: promettere al contribuente-consumatore un risparmio di imposte paragonabile allo sconto sul prezzo che gli potrebbe offrire il venditore, contro l’impegno a non fare emergere l’operazione. Nonostante la bontà dello strumento, esso molte volte viene disatteso dagli stessi consumatori-contribuenti con scarsi vantaggi in termini di lotta all’evasione. In alcuni casi, infatti, il suo uso generalizzato potrebbe indurre alcuni soggetti a chiedere riduzioni a fronte di spese mai sostenute. Per tali ragioni, negli articoli che il Quotidiano di oggi riporta sull’argomento, si affrontano anche le principali criticità di questo meccanismo e si evidenziano anche altri aspetti da approfondire: uno di questi riguarda i controlli delle dichiarazioni dei privati.
Sempre in tema di lotta all’evasione, negli articoli riportati, da segnalare le nuove voci introdotte dalla Manovra fiscale 2007 per stanare il sommerso e l’altrettanto interessante confronto con le regole fiscali applicate negli altri principali Paesi del mondo (Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti).
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