Le cause di lavoro, alla luce delle novità introdotte con il Collegato lavoro, potranno essere risolte in sede di arbitrato, piuttosto che davanti al giudice del lavoro o in sede di conciliazione facoltativa.
Il canale privilegiato per la definizione delle liti è, comunque, l'arbitrato che viene però escluso per i casi di licenziamento e di dimissioni. Lavoratore e datore, per poter ricorrere a questa via alternativa, evitando il percorso ordinario, dovranno sottoscrivere un'apposita clausola compromissoria che, a pena di nullità, dovrà essere certificata da una commissione di certificazione per attestare l'effettiva volontà delle parti al momento della sottoscrizione della clausola stessa. La clausola potrà essere sottoscritta in ogni momento del rapporto di lavoro, ma non prima della conclusione del periodo di prova, se previsto dal contratto di lavoro, ovvero, negli altri casi, non prima che siano trascorsi 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto stesso. Come pre-condizione all'arbitrato è necessario che tale strumento sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Qualora tali accordi non intervengano nell'arco di un anno dall'entrata in vigore del collegato, sarà il ministro del Lavoro a convocare le parti sociali al fine della promozione dell'accordo o, eventualmente, a procedere, nei sei mesi successivi, con un proprio decreto che renda operativo il nuovo istituto.
Per quel che concerne i licenziamenti, gli stessi dovranno essere impugnati entro 60 giorni dalla comunicazione o dalla comunicazione dei motivi, se non contestuale. A questo punto il lavoratore potrà avanzare richiesta di conciliazione o instare il giudice del lavoro entro, però, il termine di 270 giorni dall'impugnazione del licenziamento.
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