La bancarotta non fa sconti

Pubblicato il 29 febbraio 2008

Sentenzia la Cassazione – Sezioni unite penali, in una pronuncia di cui ieri è stata resa nota la sola informazione provvisoria – che per tutte le dichiarazioni di fallimento che precedono l’entrata in vigore della riforma delle procedure concorsuali operata con decreto legislativo 5/2006, s’applica la vecchia disciplina di legge. E le condanne nei processi in corso non possono essere riformate, né quelle passate in giudicato essere cancellate dal casellario. La nuova normativa ha stabilito che la dichiarazione di fallimento non può essere pronunciata verso il piccolo imprenditore, che proprio per il suo status è al di sotto dei parametri dalla legge fissati in materia di investimenti e ricavi. Questa “svolta”, la cui ratio sta in uno tra gli obiettivi della riforma delle Legge fallimentare che è ridurre l’area dei soggetti fallibili, conduce al drastico abbattimento delle dichiarazioni di fallimento e porta il legislatore, con il decreto correttivo in vigore da inizio anno, a modificare ancora i requisiti del piccolo imprenditore, traducendo in più ardua l’esenzione, con l’inserimento di un parametro centrato sul livello massimo di debiti.

E’ sempre della Cassazione il principio desumibile dalla sentenza n. 2005 del 2008, che sviluppa il medesimo argomento: la revocatoria fallimentare può colpire la compravendita di un bene immobile anche quando i “protagonisti” del contratto preliminare non coincidano con quelli del definitivo. L’accertamento degli elementi e dei presupposti dell’azione revocatoria fallimentare va compiuto avendo riguardo al secondo contratto (per l’appunto il definitivo). E’, infatti, esclusivamente attraverso esso che si verifica l’effetto traslativo del diritto di proprietà del bene, determinando la fuoriuscita definitiva dell’immobile dal patrimonio dell’alienante.

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